In Italia esiste un modello Treviso, non a caso scelta come Capitale Green d’Europa per il 2025, la prima città italiana a tagliare questo ambito traguardo. L’esperienza della cittadina veneta è molto importante per capire quali sono i meccanismi che consentono di ottenere straordinari risultati, nell’interesse dei cittadini. Con due dati che vanno citati immediatamente: Treviso è allo stesso tempo la città italiana con la più alta percentuale di raccolta differenziata e con la più bassa tassa dei rifiuti.
Il capoluogo di provincia, secondo i dati dell’Arpav (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale in Veneto), ha la più alta percentuale di raccolta differenziata di tutto il Paese: 87,2 per cento, con una produzione di secco residuo pari a 55,46 chilogrammi ad abitante (la media nazionale è di 386 chili di rifiuti prodotti da ciascun italiano). Traducendo in concreto: i cittadini di Treviso, grazie al loro senso civico, riescono a smaltire i rifiuti in modo corretto e allo stesso tempo ne producono sempre meno.
Treviso ha un altro record che si abbina al boom della raccolta differenziata: una tassa per la spazzatura molto bassa. La media in Italia è di 320 euro a famiglia (in Campania si arriva a 412 euro), un terzo in più rispetto ai 231 euro pagati ogni anno dai nuclei familiari di Treviso e dei 49 comuni del consorzio Priula. Qui non si vedono discariche a cielo aperto, come quelle che l’Unione europea ci chiede inutilmente, da anni, di chiudere e che invece continuano a funzionare, se così si può dire, a pieni giri sulla pelle dei residenti nelle zone interessate. A Treviso, invece, grazie all’alta percentuale di differenziata, a un buon funzionamento del servizio di raccolta e di smaltimento, a piccoli impianti di compostaggio, i rifiuti vengono quasi tutti riciclati e riusati. Con l’umido vegetale si produce il compost che poi viene venduto ai vivaisti; mentre vetro, plastica e lattine finiscono ai consorzi di filiera per essere trasformati in prodotti industriali da vendere sul mercato. Per strada non c’è traccia di immondizia. Da nessuna parte.
Del modello Treviso fanno parte tre cose che andrebbero prese in considerazione per tutti i comuni italiani. Una buona politica di incentivazione. Chi fa bene la differenziata, risparmia: è questo il messaggio che da anni governa il sistema di smaltimento sul territorio. A partire dalla tassa dei rifiuti. E gli incentivi vanno persino a toccare singoli prodotti, quelli più a rischio per l’effetto inquinamento che possono provocare. Come nel caso dei pannolini: il comune, per le famiglie più disagiate, incentiva l’acquisto di pannolini lavabili.
Un secondo tassello del modello Treviso riguarda l’efficienza della rete di raccolta. C’è il porta a porta, ma ci sono in campo innanzitutto 674 mezzi per il ritiro della spazzatura, dei quali quasi la metà, esattamente 265, sono dedicati proprio alla raccolta a domicilio. Mezzi piccoli, efficienti, in grado di non creare caos nella circolazione e di svolgere bene la loro funzione. Tenendo Treviso sempre pulita. Infine, non sottovalutiamo il senso civico dei cittadini: senza la loro collaborazione qualsiasi intervento amministrativo resta lettera morta.
Il vero problema è che, anche per la differenziata, siamo un Paese a macchia di leopardo, con zone dove i dati sono da Europa del Nord e territori dove invece scivoliamo in fondo a tutte le classifiche. E queste differenze non sono solo tra Nord e Sud (anche se la maggioranza dei comuni con la raccolta differenziata più alta è nelle regioni settentrionali), ma anche all’interno di una stessa provincia. Napoli è al 38 per cento (e tra l’altro, anche se di poco, sta crescendo), ma nel vicinissimo comune di Melito si supera abbondantemente il 50 per cento. Forse in distanze così abissali, in due zone così vicine, contano in modo determinante i comportamenti quotidiani degli abitanti.
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