Serviranno pure 15 anni per mettere in sicurezza l’Italia, come annuncia il ministro Corrado Clini, ma l’importante è iniziare. E bene. Innanzitutto con l’idea di un sistema Paese che ha scoperto nuove vulnerabilità (vedi la mappa del rischio sismico) in aggiunta a quelle accumulate in decenni di saccheggio del territorio (leggi l’elenco dell’ abusivismo edilizio di massa), e dunque investe su questa priorità, considerandola fondamentale per la sicurezza dei cittadini e per il benessere delle loro vite.
In secondo luogo, con un taglio netto, non orizzontale, ma profondo e ramificato in periferia, degli sprechi assurdi nelle opere pubbliche. Abbiamo messo in piedi, per anni, cantieri-fantasma per ospedali che invece andavano chiusi; abbiamo finanziato strade, impianti idrici, ponti e opere di varia amenità senza mai portarle a terrmine.
Sprechi di soldi, di lavoro e di progetti. Miliardi di euro, che invece potrebbero servire a finanziare un Piano nazionale per la sicurezza. Un esempio su tutti? Pensate a quanta sicurezza avremmo potuto garantire agli italiani non sprecando i 250 milioni di euro finora spesi per il fantasma del Ponte sullo Stretto.
Infine, bisogna modificare un paradigma, politico e culturale: la messa in sicurezza del Paese, non sprecando risorse in altri rivoli del clientelismo e della corruzione, è una leva per la crescita economica. Crea lavoro, occupazione, ricavi per le aziende e per la lunga filiera degli interventi, e fanno risparmiare costi successivi. I terremoti degli ultimi 40 anni, secondo i calcoli della Protezione civile, sono costati all’Italia circa 150 miliardi di euro, mentre ne sarebbero bastati 25 per fare quello che adesso il ministro Clini promette di realizzare nei prossimi 15 anni.
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