I boschi ai privati, gratis, solo per conservarli. Va seguito con interesse l’esperimento avviato in Liguria, dove la regione ha deciso di affidare, attraverso un bando pubblico, 7mila ettari di faggete, castagneti, abetaie e alberi da fusti, a privati per evitarne il deterioramento.
Parliamo di una regione dove il patrimonio boschivo è pari al 70 per cento del territorio, una percentuale superiore perfino a quella del Trentino Alto Adige, ma dove la cattiva manutenzione dei boschi ha contribuito al dissesto idrogeologico. Fino alle tragedie seguite alle alluvioni nella provincia di Genova e nell’area delle Cinque Terre.
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La regione così corre ai ripari, offrendo la gestione dei boschi alle cooperative sociali e alle imprese agricole, senza canone di affitto. E istituendo un registro dei boschi privati, in base al quale chi non è in grado di assicurare la manutenzione dei proprio alberi potrà affidarsi ad altri soggetti privati. E’ chiaro che l’interesse degli affittuari sarà lo sfruttamento dei boschi, e dunque la produzione di legna di cui la Liguria, paradossalmente, è una regione importatrice.
“Dobbiamo prendere atto del fatto che il pubblico non ha i soldi per conservare un patrimonio così importante, mentre ci sono privati pronti a farlo. In questo modo tuteliamo l’ambiente e proteggiamo il territorio a rischio idrogeologico. Ovviamente, bisognerà tenere gli occhi aperti sulle possibili speculazioni…” dice l’assessore regionale Giovanni Barbagallo.
Intanto, le associazioni ambientaliste in Liguria si sono spaccate: Legambiente condivide la filosofia del provvedimento, mentre il Fondo mondiale per la natura denuncia “un nuovo saccheggio”.
Saranno i fatti a parlare, ma la cosa certa è che la Liguria, senza un intervento sui boschi, rischia solo di essere una regione più esposta ai pericoli che derivano dalle alluvioni.
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