A Sarno, 15 anni dopo l’alluvione: cantieri aperti e 500 milioni sprecati

Tra poche settimane, nel mese di maggio, saranno trascorsi 15 anni dalla tragica alluvione di Sarno e purtroppo il cantiere della ricostruzione è  completamente aperto.  Soltanto due mesi fa le ultime 27 famiglie, rimaste senza un tetto dal lontano 1998, hanno potuto entrare nelle nuove case, mentre il capitolo della messa in sicurezza del territorio è ancora […]

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Tra poche settimane, nel mese di maggio, saranno trascorsi 15 anni dalla tragica alluvione di Sarno e purtroppo il cantiere della ricostruzione è  completamente aperto.  Soltanto due mesi fa le ultime 27 famiglie, rimaste senza un tetto dal lontano 1998, hanno potuto entrare nelle nuove case, mentre il capitolo della messa in sicurezza del territorio è ancora un grande punto interrogativo.

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Sono già stati spesi 500 milioni di euro per completare i canaloni che dovrebbero drenare l’acqua in caso di forti piogge. Peccato però che sono utilizzati come discariche da una popolazione che contribuisce all’incertezza del suo destino: frigoriferi, cucine, mobili di casa, tutto gettato in questi spazi ridotti a immondezzai. Senza che nessuno sia in grado di rispondere a un semplice domanda: a chi tocca la manutenzione degli impianti? Nel vuoto dei poteri e delle responsabilità, il rischio è che il territorio di Sarno sia di fatto senza protezione.

Lo stesso vuoto che si è aperto in seguito a una raffica di sentenze della magistratura, che in 15 anni, passando finora per quattro gradi di giudizio, ha spalancato le porte ai risarcimenti di parte civile. Il conto lo sta pagando il comune che adesso prova a difendersi nelle sedi della giustizia amministrativa, anche perché se dovesse continuare a distribuire risarcimenti si troverebbe molto presto in dissesto finanziario. Il simbolo di tanta incompiutezza è l’ospedale Martiri di Villa Malta, ridotto a un rudere dal giorno dell’alluvione.

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Abbattere o salvare? Il dibattito è aperto. E intanto il dopo-alluvione a Sarno è sempre più una metafora del Mezzogiorno che spreca soldi pubblici e non riesce mai a concludere un intervento di risanamento in tempi ragionevoli. Con il risultato che l’emergenza diventa endemica e infinita.

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