Il cambiamento piu’ visibile gia’ introdotto dal presidente Barack Obama non riguarda il Palazzo: li’ ci abitano uomini in carne ed ossa e non e’ facile far pagare le tasse neppure ai propri ministri o far dimenticare le clientele. No, la rivoluzione di Barack e’ quella ambientalista: qui e’ lui a menare la danza e gia’ nei suoi primi 100 giorni puo’ permettersi di agire e non solo di pensare verde.
L’America viene dagli 8 anni di Bush, ma e’ la stessa America il cui Congresso sotto Clinton voto’, 98 senatori a 0, per il non accoglimento del Protocollo di Kyoto. E’ anche l’America che, nel secondo mandato del presidente dalla reputazione anti-ambientalista, aveva gia’ virato verso un approccio piu’ preoccupato delle sorti del pianeta, ed anche dei costi del petrolio arabo politicamente tossico. Da una parte il Texas che balzava ai vertici mondiali della classifica dei produttori di energia dal vento, con un investimento da 5 miliardi per estendere i suoi mulini e coprire entro 7 anni un quarto del fabbisogno energetico. Dall’altra le fabbriche dell’auto di Detroit, che venivano investite, nel settembre scorso, dalla promessa di 25 miliardi di dollari governativi per rinnovare i modelli in chiave di maggiore efficienza.
Ma mancava l’ambientalista in capo, il catalizzatore che imprimesse al movimento verde una direzione nuova e unificante. Obama ha vestito questi panni e il suo merito non e’ nel dettaglio dei primi soldi promessi. E nemmeno nel nome dei personaggi di vaglia scientifica fuori discussione, di cui si e’ circondato alla Casa Bianca: Carol Browner, zar del clima e dell’energia vicina al Nobel Al Gore, lo scienziato Steven Chu come ministro dell’Energia e John Holdren come consigliere scientifico. La vera novita’, che dovrebbe essere un sicuro antidoto all’ambientalismo ideologico, sta nell’aver capovolto la filosofia del freno e del rigetto che era stata finora l’anima negativa, anticapitalistica alla radice, dei verdi della prima ora all’europea. I censori della plastica e delle auto, bacchettoni perfino sull’impatto paesaggistico delle eliche per avere energia dal vento, che hanno remato contro lo sviluppo e la crescita tout court.
Con Barack parte la stagione del si’ alla scienza e alla tecnologia, affinche’ sprigionino energie positive capaci di trasformare le idee nuove in benessere, ricchezza e posti di lavoro. Obama non sfugge alla retorica dei simboli, come quello di firmare a Denver la legge che approva il maxi-assegno da 787,2 miliardi di dollari, durante una visita al pannello solare che e’ l’orgoglio del locale Museo della Scienza e della Natura. Ma si percepisce una sostanza concreta, che potra’ fare di lui un leader globale per un movimento verde all’attacco, non arroccato nei no.
Finora e’ partito senza risparmio nell’attivismo verde, con piu’ di 80 miliardi in spese e tagli fiscali che andranno all’energia domestica rinnovabile, ad una rete intelligente per l’elettricita’, a ricerche sull’energia e a programmi per ridurre i carburanti fossili. Quanto cio’ si riverbera’ sul lavoro? Stime della Casa Bianca, che in generale prevedono 3,5 milioni di assunzioni, ne calcolano mezzo milione entro il 2010, collegate a investimenti nei sistemi di trasmissione dell’energia, nella tecnologia avanzata delle batterie e nell’efficienza energetica.
Robert Pollin, professore di economia e co-direttore del Political Economy Research Institute all’Universita’ del Massachusetts, sostiene che la porzione verde degli investimenti pubblici dovrebbe fruttare, anche indirettamente, 1,7 milioni di posti, soprattutto nel comparto delle costruzioni. Per esempio, con il rimpiazzo di finestre piu’ efficienti nella conservazione del calore: la legge destina 5 miliardi per incrementare i risparmi energetici in oltre un milione di case. Altri miliardi andranno ai trasporti: 8,4 per i mezzi pubblici e 8 per ferrovie di alta velocita’: 227 agenzie municipali sono gia’ in grado di fornire 787 progetti che potrebbero essere avviati entro tre mesi, con la possibilita’ di creare 440 mila posti.
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