Test di Medicina: i rettori fanno muro e vogliono salvarli

La corporazione dei rettori (tutti medici) difende i quiz dello scandalo. Si chiudono le porte a migliaia di giovani, mentre in Italia tra sei anni serviranno 50mila medici. Dove li prenderemo?

Abolizione test ammissione medicina: l'opposizione dei rettori alla proposta del ministro Giannini

ABOLIZIONE TEST AMMISSIONE MEDICINA – La corporazione è scesa in campo. La maggioranza dei rettori delle facoltà di Medicina si sono schierati contro la proposta del ministro Stefania Giannini di abolire i test di accesso ai corsi di laurea: un vero fuoco di sbarramento con l’obiettivo di impedire che il cambiamento già annunciato dal ministro sia formalizzato, nel prossimo autunno, con un provvedimento legislativo. Ma vediamo quali sono gli argomenti dei rettori, tutti medici, tutti custodi di un mestiere ormai diventato ereditario, come dimostra la statistica di Almalaurea che certifica il fallimento dell’attuale selezione: il 40 per cento dei dottori in Italia sono figli di medici.

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LA MANCANZA DI AULE NELLE UNIVERSITA’ ITALIANE – Il primo punto messo sul tavolo dai rettori riguarda la mancanza di spazi. «Non abbiamo aule disponibili» dicono in coro. Bella scusa. In realtà le aule ci sono, solo che vengono utilizzate poco e male, a partire dal fatto che il pomeriggio le luci delle università si spengono: lor signori sono impegnati con l’attività privata, negli studi e nelle cliniche, e dunque non c’è tempo per l’insegnamento. D’altra parte in Italia quando non si vuole cambiare qualcosa si utilizza sempre l’argomento della mancanza di strutture, una parola magica e piuttosto strana in un Paese dove, a proposito di sedi universitarie, ne abbiamo create dappertutto, anche in posti dove non servono.

LA SELEZIONE PER L’ACCESSO ALLA FACOLTA’ DI MEDICINA – Seconda obiezione: bisogna salvaguardare una selezione all’accesso. Vero. Ma in questo caso i rettori giocano con le parole, neanche troppo in buona fede. L’eliminazione dei test, di quei 60 quiz da esame per la patente che tutti definiscono indecenti, non significa affatto la cancellazione di una selezione. Semmai il contrario. I numeri dimostrano che in Italia, a fronte di circa 60mila partecipanti ai quiz entrano nelle facoltà poco più di 8mila studenti, dei quali poi circa 5mila si laureano. Esattamente il numero di quanti poi trovano posto nelle scuole di specializzazione (a numero chiuso), diventando così di fatto medici. Che cosa significa questa cronologia numerica? Semplice: superato l’ostacolo dei quiz non esiste più alcuna barriera in termini di selezione, e se sei un asino hai ottime probabilità di fare il medico sulla pelle dei poveri pazienti che dovrai curare. In un Paese come la Francia, dove sia la formazione sia la sanità pubblica rappresentano due eccellenze mondiali, ci sono oltre 55mila studenti che si iscrivono al primo anno di Medicina (più o meno quelli che lo farebbero in Italia senza i quiz), senza passare per il cappio delle domandine da esame per la patente, ma la selezione diventa durissima già il secondo anno. Appena il 20 per cento degli iscritti al primo anno, infatti, passa al secondo, in quanto il percorso di studi è costruito proprio sulla base di una crescente selezione e non di una lotteria di domandine come in Italia.

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POSTI VACANTI NEGLI OSPEDALI ITALIANI – Terzo argomento dei rettori: non ci sono posti in Italia per tanti medici. Falso. Per effetto della curva demografica e del pensionamento di un’intera generazione di medici, entro il 2020 in Italia mancheranno qualcosa come 50mila medici (già oggi in Lombardia il deficit è pari a 5mila unità) che saremo costretti ad importare. Risultato: i ragazzi italiani sono respinti all’accesso, al buio; mentre gli stranieri saranno reclutati a mani basse per coprire i posti vacanti nel servizio sanitario nazionale. La verità è che abbiamo bisogno come il pane di medici e di bravi medici. Specie al Sud, dove il depotenziamento degli organici, la bassa qualificazione di tanto personale e l’affollamento di molte strutture ospedaliere sta determinando un grave fenomeno di emigrazione di massa dei malati: in molte province del Mezzogiorno più del 30 per cento dei pazienti scelgono di curarsi in ospedali pubblici del Nord. Un forma molto singolare di mobilità interna, che fotografa una sorta di dualismo del sistema sanitario, con le regioni settentrionali che, in quanto ad assistenza, danno affidamento, mentre quelle meridionali inducono alla fuga per evitare di incappare in qualche episodio di malasanità.

ANTICIPARE AL QUARTO ANNO DI LICEO IL TEST PER L’ACCESSO ALLA FACOLTA’ DI MEDICINA – Il quarto punto è al confine con l’umorismo. Secondo i rettori la selezione attraverso i test, semmai, andrebbe resa «più coerente con i saperi liceali». Un’idea piuttosto astratta, che il professore Giuseppe Novelli, rettore a Tor Vergata, traduce con questa proposta: anticipare al quarto anno di liceo l’esecuzione del test. Perché? Innanzitutto per evitare la sovrapposizione tra i test per entrare a Medicina e la preparazione agli esami di maturati. Attualmente, infatti, uno studente dell’ultimo anno di liceo che intende poi iscriversi a Medicina deve destinare alcuni mesi dell’anno alla preparazione ai quiz da sostenere in primavera con effetti devastanti sui suoi studi in vista dell’esame di maturità. Inoltre il rettore Novelli immagina di avere come interlocutori dei ragazzi super dotati dal punto di vista della chiarezza degli orientamenti di studio. Capaci, cioè, già a 16 anni di essere in grado di decidere il proprio futuro professionale e il percorso di studi più idoneo per realizzarlo. Quelli che ha in testa Novelli sono studenti che non esistono, o magari esistono solo nella sua immaginazione, e semmai i giovani di oggi, tra le tante incertezze con le quali si devono misurare, c’è anche quella sulle scelte di studio in vista del futuro lavoro. Spesso oscillano tra prospettive molto distanti, da Architettura a Medicina: come potrebbero essere pronti ad affrontare un test decisivo, o dentro o fuori, così presto? Magari, per capire meglio l’universo che hanno di fronte, ragazzi in carne ed ossa, i nostri rettori più che lanciare veti contro un ministro che sta provando a eliminare uno scandalo del nostro sistema universitario, farebbero bene ad ascoltare i loro studenti. Forse anche loro imparerebbero qualcosa.

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