Camera e Senato sono impegnati, in questi giorni, a vedere dove si possa operare una qualche risparmio.Tra diaria, appalti e bonus, si è pensato di dare una sforbiciata anche ai viaggi di deputati e senatori, puntando sulla buona volontà di questi.
Ogni onorevole, oggi, può viaggiare gratuitamente sul territorio nazionale, che prenda aereo, nave o treno. Non paga i pedaggi autostradali, e riceve, alla Camera, un ulteriore rimborso per percorrere la distanza da casa all’aeroporto più vicino e dallo scalo di Fiumicino a Montecitorio (la cifrà è di 3. 323, 70 euro a trimestre che diventano 3. 995, 10 se l’aeroporto dista più di cento chilometri da casa).
Al Senato non esiste una voce unica, ma è previsto un rimborso forfettario di 1. 650 euro al mese che va a sostituire quei bonus che un tempo erano le “spese accessorie di viaggio” e le “ricariche telefoniche”. I viaggi dei parlamentari sulla rete nazionale sono sempre gratuiti, che l’onorevole sia in viaggio per lavoro o che parta per le vacanze. Sui trasporti, i Questori della Camera ritengono di poter risparmiare nell’anno a venire la bellezza di un milione di euro. I senatori questori, invece, la consistente cifra di mezzo milione di euro.
Come? Invitando i parlamentari a spendere meno. Facile, ma come si fa? Nel bilancio della Camera 2010 le “Spese di trasporto” ammontano a 11. 605. 000 euro, così divisi: 8. 180. 000 per viaggi aerei, 1. 650. 000 per i treni, 600. 000 per i pedaggi autostradali, 200. 000 per autonoleggio. Altri 15.000, infine sono stati investiti alla voce “altre spese di trasporto”. La Camera, a differenza del Senato, separa nel proprio bilancio la spesa di trasporto dei deputati eletti all’estero. È una cifra considerevole: far arrivare in Parlamento i 12 onorevoli dai cinque continenti costa in un anno la bellezza di 950. 000 euro (anche perchè, prima che l’ufficio di presidenza suggerisse di tirare la cinghia, gli eletti all’estero prediligevano la classe business per il lungo tragitto).
Ma i cittadini italiani non pagano solo i viaggi sul territorio nazionale ai deputati in carica. Montecitorio spende circa 900mila euro l’anno per far viaggiare gratis gli ex deputati. Non dovunque, però. Chi è stato eletto almeno una volta alla Camera può beneficiare di dieci voli aerei gratis ogni anno e della possibilità di viaggiare in treno su Intercity e Regionali, ma non sui Frecciarossa. Per il 2010 Palazzo Madama ha speso 1. 300. 000 euro per il trasporto degli ex senatori contro una previsione iniziale di 1. 900. 000. Trasportare invece i senatori in carica è costata alle casse del Senato 5. 810. 000 euro contro una previsione iniziale di 5. 220. 000.
Più o meno quello che è stato risparmiato dagli ex senatori è stato speso in viaggio da quelli in carica. Tecnicamente funziona così: il parlamentare mostra la propria tessera e sono poi le compagnie aeree, ferroviarie o marittime a far arrivare il conto alla Camera di appartenenza. Lo stesso avviene per i pedaggi autostradali. Il parlamentare dispone di un apparecchio telepass e di una viacard: il conto arriva al Parlamento.
Ma cosa succede nel resto d’Europa? Una situazione simile a quella italiana si può riscontrare solo in Belgio. In Germania è gratuita la circolazione ferroviaria; per i voli interni, però, si possono chiedere rimborsi motivati. La Francia ha un sistema misto: il deputato dispone di un abbonamento ferroviario, di 40 voli andata e ritorno dal collegio dal quale proviene e di altri 6 viaggi (sempre a / r) fuori da quello. In Spagna il meccanismo è legato alla diaria: i viaggi all’interno del territorio nazionale consentono di ottenere una diaria di 120 euro al giorno. Per quelli all’estero la dia-ria sale a 150 euro. L’Olanda paga ai propri deputati il viaggio in treno in prima classe. Se non esistono mezzi pubblici l’onorevole ha un rimborso per l’utilizzo dell’auto propria di 0, 37 euro per ogni chilometro percorso. In caso esistano mezzi pubblici il rimborso è assai più misero: 0, 9 euro a chilometro. In Austria, infine, gli onorevoli dispongono di un piccolo forfait di 489 euro al mese che però viene ricompreso nella voce omnicomprensiva delle “spese di rappresentanza”.
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