Nel Giappone, appena entrato nel nuovo regno sotto il segno dell’Armonia, accadono cose strane, medioevali, in materia di famiglia, di affido dei figli e di armonia sociale. Ne sa qualcosa Taro, un impiegato di banca che una sera torna a casa e non trova né la moglie né il figlio. Si preoccupa, pensa che sia accaduto qualcosa di grave, chiama la polizia, e poi, il giorno dopo riceve una lettera dell’avvocato della moglie che l’avvisa di quanto sta avvenendo. La moglie di Taro ha deciso di andare via con il figlio e non ha alcuna intenzione di dire dove si trova. Risultato: da quattro anni Taro non vede e non sa dove vive suo figlio. E non può fare nulla, in quanto in Giappone l’affido condiviso, una banale conquista di civiltà, non è previsto.
AFFIDO CONDIVISO
Secondo i calcoli delle associazioni che si battono per introdurre l’affido condiviso, in Giappone ogni anno 150mila bambini perdono la possibilità di vedere uno dei due genitori dopo il divorzio. Su un periodo di vent’anni siamo a tre milioni di bambini. Un enorme spreco che colpisce i più fragili, i figli, e disintegra non solo le famiglie ma innanzitutto l’armonia della crescita dei bambini.
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AFFIDO CONDIVISO DEI FIGLI
In assenza dell’affido condiviso, in Giappone è sempre il tribunale a decidere a chi spetta la potestà di un figlio, lasciando l’altro genitore a mani vuote. Di solito l’affido favorisce le donne che, come nel caso della moglie di Taro, prendono il figlio e scompaiono. Una forma di sottrazione di minori. Legalizzata. Anzi, in assenza di una qualsiasi legge proprio in un paese dove tutto, qualsiasi piccolo comportamento di ogni cittadino, è regolato da una norma.
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