Stefania Poli, operatrice sociosanitaria del servizio psichiatrico di Firenze, è sopravvissuta per un puro miracolo: l’accendino del paziente che voleva darle fuoco si è inceppato, e lei è riuscita a fuggire. Anche Maria Elvira Cecere, dell’ospedale San Giovanni di Empoli. Ha rischiato la pelle perché un paziente le ha chiesto una terapia che lei non poteva dargli, ed è stata aggredita e presa a morsi.
Le aggressioni di medici, infermieri e personale sanitario negli ospedali italiani sono all’ordine del giorno, con ritmi unici in Europa. Nel 2024, si è registrato un preoccupante aumento di questi episodi: secondo un’indagine condotta dall’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (Amsi), dall’Unione Medica Euromediterranea (Umem) e dal Movimento Internazionale Uniti per Unire, sono stati segnalati 25.940 episodi di aggressione al personale sanitario, con un incremento medio del 33 per cento rispetto all’anno precedente.
Ad alzare le mani, minacciare e picchiare, nei modi più estremi, ci pensano pazienti esasperati, e non controllati, ma anche parenti che si considerano vittime di presunti casi di malasanità. Le regioni più colpite dal fenomeno sono nell’ordine: Lombardia, Campania, Puglia, Lazio, Veneto e Sicilia. Poiché molti episodi di violenza avvengono nei pronto soccorso, le associazioni dei medici, più che improbabili militarizzazioni degli ospedali, chiedono una cosa più semplice e possibile: svuotare i Pronto soccorso dagli accessi inutili, e per fare questo è indispensabile che funzioni la rete dei medici di base, la prima linea per fare diagnosi e terapia ed evitare inutili corse in ospedale.
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