Agricoltura in crescita, può salvare il Sud. Grazie a donne e giovani

Aumentano, nelle regioni meridionali, la produzione (più 7,3 per cento), i giovani occupati (13 per cento) e l’export. Ma si potrebbe fare molto di più. Consentendo alle imprese di crescere, incentivando i ragazzi alla vita nei campi (con enogastronomia e turismo) e puntando sull’innovazione.

agricoltura in crescita sud italia

AGRICOLTURA IN CRESCITA SUD ITALIA –

Ci salverà l’agricoltura? Sicuramente l’unico segnale economico davvero positivo che arriva dal Mezzogiorno (e senza il Sud non ci sarà mai una vera ripresa dell’Italia) è la netta crescita dell’agricoltura. Numeri scintillanti. Negli ultimi due anni la produzione complessiva nel Sud è aumentata del 7,3 per cento (rispetto a un misero 1,6 del Centro Nord), l’occupazione giovanile nelle terre è cresciuta del 13 per cento, l’export vola e ci sono 20mila nuove giovani imprese. Già, perché questo autentico boom lo stanno spingendo i giovani e le donne.

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AGRICOLTURA PER CRESCITA SUD ITALIA –

Tutto bene, dunque? Tutto bene se pensiamo che questi numeri, che non sono un caso isolato ma una tendenza ormai consolidata, smontano, spero in modo definitivo, il falso e ipocrita paradigma in base al quale l’agricoltura è economia sorpassata, da preistoria, da mondo in bianco e nero, che non potrà risollevare né il Sud né tantomeno l’Italia. Balle. È vero proprio il contrario: nessuna leva può avere più incidenza, nel Mezzogiorno, di una moderna produzione agricola, abbinata a turismo, enogastronomia e commercio. Qui si gioca il pezzo decisivo del futuro del Sud. A meno qualcuno non pensi il Mezzogiorno debba continuare a vivacchiare tra emigrazione, sussidi a pioggia e criminalità che dilaga.

Ma per non sprecare ancora questa straordinaria opportunità, un vero spreco da sistema Paese, come quello del turismo che non riusciamo a valorizzare e dove indietreggiamo nelle classifiche internazionali, bisogna riuscire a superare i vincoli di fondi del nostro settore agricolo. Per dare un’idea numerica dello spreco, basta tenere conto che il valore complessivo della produzione agricola italiana è di 57 miliardi di euro, con un ritmo di crescita, negli ultimi dieci anni, del 14 per cento, mentre negli altri paesi europei l’aumento, nello stesso periodo, è stato del 22 per cento, quasi il doppio. Noi camminiamo, direi: passeggiamo, loro corrono.

E questo anche per alcuni punti di debolezza ormai congeniti della agricoltura made in Italy. Le dimensioni delle aziende sono ancora troppo piccole, e non facciamo altro che ripeterlo in tutte le lingue: nel mondo globale, e questo vale anche per le attività nei campi, piccolo non è più bello. Non funziona. Servono dimensioni per affrontare a viso aperto la concorrenza. E servono giovani, tanti giovani, per superare anche il gap di fondo dei coltivatori italiani: età media alta e scolarizzazione (quindi competenze) bassa.

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SPRECO OLIO MADE IN ITALY –

Uno che di agricoltura se ne intende, lo scrittore Antonio Pascale, ha messo in evidenza il paradosso dell’olio made in Italy, un vero spreco capitale nel Paese. Siamo uno dei grandi paesi produttori di olio, di ottima qualità, ma anche uno dei grandi importatori, di olio mediocre se non di pessima qualità. Sulle nostre tavole, dove ne consumiamo davvero tanto, arrivano spesso olio tunisino, turco, portoghese e spagnolo. E i nostri agricoltori, non innovando e non unendo le forze, vengono spiazzati e abbandonati mentre avanza la concorrenza sleale di altri paesi. La scarsa innovazione agricola è, infine, un altro elemento della debolezza cronica che dobbiamo superare in questo settore. Con una maggiore collaborazione tra chi produce, chi trasforma e chi vende. Sotto il segno dell’agricoltura made in Italy, un punto di forza del Sud e dell’Italia.

QUANDO L’AGRICOLTURA MIGLIORA LA VITA:

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