"Evitare i sacrifici che si credono necessari oggi, per non avere rimpianti domani, cercare sempre di ritagliarsi spazi per se stessi , buttare via con coraggio pregiudizi e vecchi ruoli….". E’ parte del decalogo del work life balance, ovvero di quell’equilibrio (im)possibile tra lavoro e vita privata dal quale dipende la nostra serenità, come recita il sottotitolo del nuovo libro di Roberto d’Incau, Chi lavora NON fa sesso, una sorta di carrellata fra esperienze e racconti di vita alla ricerca di un nuovo modo di affrontare la difficile sintesi tra lavoro, carriera, ambizioni e vita privata affetti, amore, figli…
Fermarsi a riflettere sul che cosa ci può rendere davvero felici, o almeno sereni è la premessa indispensabile per trovare una soluzione a quell’insoddisfazione che, prima o poi, investe chiunque, perfino chi ha un lavoro che piace, che ha scelto o che lo/la gratifica. Insomma, in un momento in cui avere un lavoro è un privilegio, questo libro ci rammenta che "anche i ricchi piangono" e che depressione, stress e fallimenti privati sono sempre in agguato e possono colpire chiunque, anche i più fortunati. E, per prevenire o reagire, ciascuno di noi deve imparare a vigilare sul proprio equilibrio con lo scopo d’ individuare modalità e strategie. Per riprendersi in tempo la vita.
Roberto D’Incau e un noto heathunter, cacciatore di teste e cervelli, coordina progetti a livello europeo, collabora a master di moda e ben conosce il lato oscuro dell’esercito
di donne e uomini in carriera che popolano le aziende di ogni paese. E con Chi lavora NON fa sesso, avverte che lo stress lavorativo, quando è troppo, mina certezze e rovina la vita. Vale la pena sacrificare se stessi per la carriera o l’azienda? La risposta più semplice, è certamente no e in molti sarebbero pronti a sottoscriverla. Quanto a praticarla, però, quella ricerca di equilibrio che è in teoria così banale, è tutto un altro discorso, come dimostrano le storie raccontate da D’Incau. Ciascuna si chiude con un breve capitolo con il titolo "Riflessioni e strategie". Quasi un manuale per la felicità. Chissà se serve davvero, ma nel dubbio vale la pena provarci.
Lavoro e vita privata, è armonia possibile?
Il lavoro e la vita privata sono parti fondanti della nostra esistenza: per il nostro benessere psicofisico e per la riuscita del nostro percorso professionale è fondamentale conciliarli, farli convivere, trovare tempo e spazio per entrambi. Ho scritto il mio ultimo libro "Chi lavora non fa sesso" proprio perché sono convinto che questa armonia sia doverosa, e possibile. Il libro, infatti, racconta storie di equilibrio e di squilibrio tra vita privata e vita professionale, tra l’amore e il lavoro, che può essere totalizzante e condizionare fortemente la vita, perché genera stress e sottrae tempo. L’obiettivo è proprio lanciare un messaggio di speranza: questo equilibrio esiste, e spesso è a portata di mano, anche in situazioni apparentemente impossibili. Ci vuole coraggio, bisogna sapere guardare con lucidità alla propria vita in toto, sia personale che professionale e, se necessario, affrontare un percorso di cambiamento. Alla fine del libro, ho voluto identificare un vero e proprio "decalogo del work life balance", con dieci semplici regole su cui riflettere per trovare, o ritrovare, questa armonia. La prima, forse la più importante, è ricordarsi sempre che ognuno di noi ha un equilibrio tutto suo, diverso da quello degli altri.
Quanto pesa sulla possibilità di essere felici lo stress lavorativo?
Lo stress lavorativo ha un impatto molto importante sulla possibilità di essere felici. E’ importante saper mettere delle barriere tra la vita privata e quella lavorativa, barriere psicologiche e anche barriere "fisiche" in un certo senso. Non è facile, certo, ma bisogna provarci: il tempo che si passa col proprio compagno o compagna, coi figli, con gli amici, con se stessi, dovrebbe essere il meno impattato possibile dallo stress lavorativo.
Questo è più semplice se, ad esempio, si spegne scientemente il cellulare aziendale o il blackberry, e ci si dedica davvero a quello che si sta facendo. L’essere "always connected" è infatti un’arma a doppio taglio: ha sicuramente un aspetto positivo, ma ne ha anche uno profondamente negativo, che può minare la qualità del nostro tempo con gli altri. Avere stress lavorativo è forse inevitabile, e lo stress, in giusta misura, può anche essere adrenalinico e positivo; quello che è sbagliato è permettere che si rifletta pesantemente anche sui nostri spazi privati.
E chi il lavoro non lo trova?
Questo, purtroppo, è un tema troppo importante per essere affrontato velocemente. E’ chiaro però che essere disoccupati, e avere perso il lavoro, o non trovarlo, ha un impatto molto pesante sul nostro benessere psicofisico, perché il lavoro è un elemento importante della nostra identità personale. Forse può essere di qualche aiuto ricordare che talvolta esiste la possibilità di una second life, ovvero di un’alternativa, magari lontana dal nostro lavoro precedente, o da quello per cui abbiamo studiato, e che non necessariamente questa alternativa sarà peggiore. Anzi. Il mio primo libro, Quasi quasi mi licenzio. Non è mai troppo tardi per cambiare vita, pubblicato anch’esso da Salani, parla proprio di questo tema. Spesso, un ‘alternativa possibile c’è, ma è necessario saperla vedere.
Roberto D’Incau
Chi lavora NON fa sesso
Salani
pag. 134, euro 13
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