Nati in Olanda nel 1997, grazie a un’idea del medico Bère Miesen, gli “Alzheimer Café” sono diventati una rete anche in Italia. Luoghi di grande importanza per le persone che soffrono questa patologia e peri loro caregiver. La formula vincente, infatti, prevede che in questi spazi ci sia la possibilità di incontrarsi non per fare una specifica terapia, ma per stare insieme, con leggerezza e con amore. Si canta, si balla, si ascolta la musica, si raccontano storie e ricordi: tutto ciò che può essere utile per sconfiggere la tristezza, la paura e la solitudine.
Soltanto a Roma gli “Alzheimer Cafè”, collegati nel circuito “Alzheimer Uniti” sono diventati sei: alla Garbatella, all’Ostiense, a Monteverde, a Torpignattara, al trionfale e al Nomentano. Complessivamente, nelle diverse regioni, gli “Alzheimer Cafè” sono più di una cinquantina, e qui trovate la mappa completa, per ciascuna regione, e il modo con il quale poter contattare ciascun Cafè.
Da un’indagine sul campo realizzata dal Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, guidato dal professore Trabucchi, è emersa una riduzione dei sintomi neuropsicologici dei malati e dello stress del caregiver, a fronte di un mancato miglioramento dello stato cognitivo e funzionale dei pazienti. La permanenza delle famiglie all’ “Alzheimer Caffè” è più agevole e fattibile per i malati con un numero inferiore di anni di malattia e disabilità. Pertanto, l’intervento degli “Alzheimer Caffè” risulta funzionale nel tempo, in particolare per pazienti con moderati sintomi comportamentali e familiari, con un moderato burden assistenziale e che gestiscono meglio lo stress.
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