Un medio ospedale nel quartiere di Brooklyn a New York: i pazienti ricoverati per Covid-19 sono oltre mille, un centinaio in terapia intensiva. Dal reparto si viene dimessi in pochi giorni, grazie alla terapia a base di anticorpi monoclonali, la stessa utilizzata a suo tempo per curare velocemente Donald Trump.
ANTICORPI MONOCLONALI
Ma se allora questa cura era un privilegio a beneficio di personaggi come il presidente degli Stati Uniti, già da alcuni mesi in diversi paesi anglosassoni, dall’America all’Inghilterra e al Canada, i monoclonali rappresentano la svolta terapeutica contro il coronavirus. Con risultati eccellenti, sia rispetto al crollo della mortalità e sia rispetto ai tempi di degenza. Con un risparmio e una riduzione degli sprechi anche per il sistema sanitario. Il trattamento all’ospedale di Brooklyn costa infatti circa 1.500-2.000 dollari, meno della spesa da sostenere per un giorno di ricovero.
COME SI USANO I MONOCLONALI
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COSA SONO GLI ANTICORPI MONOCLONALI
Il funzionamento degli anticorpi monoclonali, per esemplificare la spiegazione, è l’equivalente di una potente arma biologica, esogena (in sostituzione di quella prodotta dal paziente), in grado di neutralizzare in appena 72 ore il coronavirus, semplicemente impedendogli la replica nell’organismo. E allontanando così, prima che sia troppo tardi, il rischio di prendere una polmonite.
COME FUNZIONANO GLI ANTICORPI MONOCLONALI
L’efficacia della terapia, capace di ridurre in modo decisivo la carica virale che porta al Covid-19, è stata documentata a diversi livelli scientifici. Per esempio, i risultati della cura sono stati pubblicati dopo l’estate del 2020 dal News England Journal of Medicine e dimostravano un effetto straordinario. Nel 72 per cento dei casi grazie agli anticorpi monoclonali il paziente evitava il ricovero in ospedale e guariva nel giro di una settimana.
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USO DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI IN ITALIA
Ma se sono così efficaci e tanto diffusi negli ospedali di mezzo mondo, perché i famaci a base di anticorpi monoclonali non sono stati utilizzati a suo tempo anche in Italia, dove da mesi si continuano a contare centinaia di morti al giorno per Covid-19? La domanda diventa ancora più inquietante se si aggiunge un particolare non irrilevante. Un importante stabilimento della Bsp Pharmaceuticals per la produzione di questo farmaco si trova a Latina, nel Lazio. Da qui sono partite milioni di confezioni, indirizzate in diversi paesi del mondo. Ovunque, tranne che in Italia.
L’occasione sprecata si tinge di giallo quando si approfondisce la ricostruzione di questa anomalia tutta italiana. Già nel mese di settembre scorso il colosso farmaceutico americano Eli Lilly aveva offerto gratuitamente 10mila dosi dei suoi monoclonali anti-Covid per testarne anche sui malati italiani efficacia ed eventuali effetti collaterali. Una richiesta chiara, esplicita, trasparente.
E noi come abbiamo risposto? In un primo momento abbiamo preso tempo, fino a quando in una decisiva riunione del 29 ottobre 2020, alla quale hanno partecipato rappresentanti dell’Aifa, del Ministero della Salute e del Comitato tecnico-scientifico, la risposta italiana è diventata definitiva: no, grazie, gli anticorpi monoclonali non ci interessano.
ANTICORPI MONOCLONALI IN ITALIA
Da quel momento in diversi ospedali italiani, sulla prima linea del fronte anti Covid, ci si interroga sui motivi di questa scelta, che abbiamo pagato a caro prezzo. E diversi primari lo fanno con mail di fuoco indirizzate ai vari organismi che hanno avuto un ruolo in questa vicenda. Ricevendo sempre la stessa risposta: il silenzio. Rotto dalla decisione firmata dal ministro Roberto Speranza agli inizi del mese di febbraio scorso di dare il via libera alla somministrazione degli anticorpi monoclonali della Eli Lilly e della Regeneron che adesso, ovviamente, scarseggiano.
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ITALIA IN RITARDO SUGLI ANTICORPI MONOCLONALI
Ma tornando allo spreco di una decisione assurda, che ancora nessuno ha avuto il coraggio di spiegare fino in fondo, ci sono almeno due fatti da tenere presente. Con una premessa: qui non si tratta del solito ritardo burocratico, di una firma tanto attesa che non arriva mai. No, è una decisione presa in modo evidente in sede politica ed a livello di consulenti scientifici e organi istituzionali che aiutano il governo in questo tipo di decisioni. Senza dirlo mai pubblicamente, ma solo off the record, Giorgio Palù, docente di Microbiologia e Virologia, e dal dicembre del 2020 presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) considera il farmacologo clinico Nicola Magrini, direttore generale dell’Aifa dal marzo 2020, il responsabile numero uno del no italiano decretato il 29 ottobre dello scorso anno.
CHI PRODUCE GLI ANTICORPI MONOCLONALI
Il secondo fatto invece porta sullo scacchiere della guerra commerciale tra produttori. Il governo italiano ha investito 380 milioni di euro nel programma per la produzione di anticorpi monoclonali da parte della Toscana Life Sciences, in collaborazione con l’ospedale Spallanzani. E forse qualcuno non voleva creare ostacoli a questo progetto.
In ogni caso l’unica certezza è che siamo arrivati ultimi al farmaco giusto contro il Covid-19 quando potevamo essere i primi, visto che lo avevamo in casa. E con lo spreco di questa opportunità, purtroppo abbiamo dato una spinta, forse determinante, a quella drammatica contabilità sui morti per coronavirus in Italia.
Così, dopo tanti ritardi e risposte negative, finalmente in quindici regioni italiane è stata avviata la terapia anti Covid 19 a base di anticorpi monoclonali. In particolare su pazienti over 65 che almeno un fattore di rischio in caso di contagio.
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