Da architetto, ad agricoltore. Per amore del fotovoltaico. In tempi di crisi economica e di crisi dell’agricoltura, capita che una vita possa cambiare perché si scommette sul futuro. Sul proprio e su quello dell’ambiente. Sara Belladelli, per l’appunto, architetto, ha deciso di diventare contadina. Di quelle votate all’ecologia e all’ecosistema. Si è innamorata di un progetto, e con un socio ingegnere, Roberto Prati, ha acquistato 15 ettari di terreno vicino a Mantova, a Cappelletta, comune di Virgilio. Il progetto che le ha cambiato la vita si chiama agrovoltaico.
PANNELLI SOSPESI – Si tratta di pannelli solari sospesi nei campi. In questo modo, i terreni sottostanti vengono coltivati, e sopra i moduli producono energia garantendo un doppio reddito agli agricoltori. Interessante ed ecologico come progetto. Ma come funziona? Il segreto è nei tracker. Altrimenti detti «inseguitori solari biassiali», sostegni alti poco meno di 5 metri da terra e comunicanti tra loro attraverso una rete wireless, muovono i filari di pannelli fotovoltaici modificandone l’inclinazione, e sfruttando così ogni raggio di sole in ogni ora del giorno. Dodici metri di distanza tra un tracker e l’altro garantiscono alla terra illuminazione e spazio per il passaggio dei mezzi agricoli: i pannelli ombreggiano al 15 per cento la terra, in modo che le colture abbiano luce a sufficienza. A comando, si dispongono perpendicolarmente al terreno, per consentire la distribuzione delle piogge e della neve, o parallelamente, per agevolare la circolazione dei mezzi agricoli. «L’impianto è stato realizzato nel maggio scorso, perciò abbiamo dovuto recuperare il terreno, che era sconnesso a causa dell’installazione. Siamo riusciti a fare una falciata in luglio. Il primo raccolto è stato una coltura semplice, miglio da foraggio», racconta Barbara Belladelli. «Così abbiamo rigenerato la terra ma, dalla prossima stagione, coltiveremo biologico, in particolare insalate, frutti rossi, erbe curative e aromatiche, dalla malva alla camomilla al rosmarino».
IMPIANTI – L’impianto di Virgilio, così come altri tre simili (uno a Castelvetro Piacentino di 8,6 ettari e una potenza di 1,3 MW, uno a Monticelli d’Ongina, sempre vicino a Piacenza, 21 ettari e una potenza di 3,2 MW, e infine uno a Marcaria, in provincia di Mantova, in corso di realizzazione su un terreno 25 ettari), è stato prodotto a Coccaglio (Brescia) negli stabilimenti della Rem, che sta per Revolution Energy Maker, holding nata nel 2008 dalla fusione di sei aziende del settore energia elettrica, specializzate chi nella produzione e chi nella distribuzione. Anche l’investimento da parte delle aziende agricole è di tutto rispetto. «È stato un grosso impegno economico: ogni pannello costa 400-500 euro. E ne abbiamo installati 8 mila su 15 ettari», continua la Belladelli. «Per rientrare, l’ideale è avere almeno tre impianti simili». Ora la fattoria solare ha una potenza di 2,15 MW e una produzione di energia pari al 27% del consumo domestico della popolazione locale. E l’obiettivo – al di là delle insalate – è appunto quello di produrre una rendita grazie all’energia.
AGRICOLTORI: «SÌ MA…» – Ma è davvero tutto così semplice? Il progetto Rem, secondo i dati tecnici forniti dai costruttori, è compatibile con il 100% delle colture, biologico compreso. I pannelli sono descritti come «simili al fogliame di un pergolato molto rarefatto», e pertanto mascherabili con alberi di piccola taglia. Eppure non tutti sono d’accordo. «Personalmente sotto i pannelli solari non coltiverei mai prodotti orticoli, e nemmeno altre colture commestibili. I fiori sì però: non tutte le coltivazioni si prestano per crescere sotto metri quadrati di fotovoltaico», chiarisce Daniele Toniolo, presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia), sezione Veneto. «Le verdure hanno bisogno di luce diretta, ma non i fiori. Sicuramente è una pratica interessante, ma il rischio è che si coltivi più o meno come in una serra. Inoltre il paesaggio, che è il plus del nostro territorio, viene devastato, proprio ora che sta prendendo piede il turismo rurale con l’apertura degli anelli ciclistici e il successo dell’agriturismo. Le rinnovabili vanno bene, ma non c’è solo il fotovoltaico».
CIBO-ENERGIA – Anche il presidente di Copagri, Franco Verrascina, obietta: «Gli impianti fotovoltaici vanno benissimo, ma sui tetti delle aziende agricole e sulle serre, nei campi no. Per diversificare il reddito, bisogno primario del nostro settore che è ormai in ginocchio, è meglio pensare alle biomasse. Non sono contrario per principio ai pannelli, tutt’altro, ma le nostre campagne non possono essere coperte da distese di moduli: 30 ettari a pannelli deturpano per sempre un paesaggio». «Ho visto serre solarizzate, e quelle sono funzionali al settore: vanno bene per i fiori e anche per le melanzane, ben sapendo che vengono dalla serra, ma nei campi i pannelli proprio no», è il parere del presidente di Coldiretti Milano-Lodi-Monza e Brianza, Carlo Franciosi. «Mi piacerebbe proprio vederle queste verdure solari. Noi agricoltori puntiamo al cibo, non all’energia». La richiesta di cibo aumenterà, secondo il parere delle associazioni di categoria più o meno del doppio da qui al 2040. Anche la richiesta di prodotti biologici è in aumento: tra il 12 e il 15 per cento.
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CONVIVENZA – Ma possono convivere produzione di energia e agricoltura biologica? «Siamo stati tra i primi a installare i pannelli sulla nostra cascina: era il 2005. Da allora siamo completamente autonomi. Qualche anno fa si è presentato un ingegnere domandando se volevano installare i pannelli nei campi, ma ho declinato l’offerta», conclude Maurizio Gritta, della cooperativa agricola Iris, 40 ettari nel Parco naturale Oglio sud a Corteregona di Calvatone (Cremona). «Tecnologicamente tutto si può fare: in Olanda da anni coltivano i pomodori con l’acquacoltura nelle vasche da bagno. Ma a livello nutritivo come sono quei pomodori? Se coltivo il mais sotto un voltaggio ad alta tensione, la pianta lo assorbe, come le persone. Dove si produce energia si creano campi magnetici, e quelli con i prodotti biologici e con le coltivazioni in genere non vanno d’accordo: nel nostro pastificio abbiamo dislocato assorbitori di campi magnetici per non danneggiare i cereali durante il processo produttivo, perché le rilevazioni hanno dimostrato che le macchine li producevano. Abbiamo tanti tetti: perché mettere pannelli in terreni fertili? Viene quasi da pensare che lo stimolo alla diffusione del fotovoltaico derivi solo dagli incentivi».
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