Arte contemporanea: Italia fuori dall’Europa che conta. Troppe tasse, fiere mediocri e tanti sprechi

Abbiamo eccellenti musei sul territorio, coraggiose gallerie e bravi collezionisti. Ma il nostro sistema non regge la competizione nell'arte, con politici e amministratori incompetenti e provinciali. Così Roma crolla, mentre volano Parigi e Londra. E perfino Madrid. Uno spreco assoluto per il Paese.

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ARTE CONTEMPORANEA. L’ultima spallata arriva da Madrid. Nella capitale spagnola si è appena conclusa la Fiera di arte contemporanea (Arco) che ha visto la partecipazione di 200 gallerie da tutto il mondo e oltre 100mila visitatori: numeri da mercato in ebollizione, e non asfittico, spinto anche dal governo di Mariano Rajoy che ha accolto venditori e compratori con l’annuncio di un taglio secco dell’Iva dal 21 al 10 per cento. E così attorno all’arte contemporanea, e alle sue potenzialità economiche anche in termini di sistema Paese, si sta giocando una delle tante partite aperte nell’Unione europea. Una partita dove, per nostra sventura, a distribuire le carte, ed a vincere, ci sono in prima fila Londra, Parigi e Berlino, con in seconda fila Madrid che avanza e Roma, cioè l’Italia, che arretra.

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ARTE CONTEMPORANEA PITTURA. Ma andiamo con ordine. Fino a poco tempo fa il mercato dell’arte contemporanea in Europa aveva due appuntamenti chiave: la Fiera di Basilea (con un timbro fortemente tedesco), in grado di allungarsi anche in America, e Frieze Art a Londra, dove l’arte è mercato per definizione. Poi, ecco la novità più importante, è salita di quota Parigi confortata dall’ultima edizione della Fiac, nell’autunno scorso, che ha fatto scintille: 184 gallerie in campo, delle quali il 70 per cento internazionali, provenienti da 25 paesi del mondo. Un tipico caso della grandeur francese, applicata stavolta al mercato del contemporaneo, con alle spalle la forza di un sistema Paese. La Francia, infatti, ha deciso di sostenere artisti e mercato con azioni dirette e concrete: l’Iva, per esempio, è al 5,88 per cento e non si applica agli acquirenti che arrivano da paesi esterni all’Unione, a partire dai compulsivi collezionisti americani. Non solo. Solo i fondi regionali di arte contemporanea, che si aggiungono a quelli nazionali e alimentano le acquisizioni da parte dei musei sul territorio, hanno un budget di circa 20 milioni di euro, soldi che favoriscono il lavoro degli artisti e in qualche modo contribuiscono all’effervescenza della rete nazionale delle gallerie. Bassa tassazione, incentivi non sprecati e assegnati indirettamente o direttamente a favore degli artisti con il rigore di autorevoli comitati di esperti, sinergia tra pubblico (i musei) e privato (le gallerie). Non a caso, durante la Fiac a Parigi si contavano 19 eventi di arte contemporanea, in spazi pubblici, dai musei ai teatri, e decine di eventi nelle gallerie con mostre di nuovi artisti e nuove tendenze.

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FIAC DI PARIGI. A forza di spinte coerenti a un unico obiettivo, considerare l’arte contemporanea una risorsa culturale ed economica del Paese, la Francia ha conquistato il suo spazio vitale rispetto alla Gran Bretagna. E se la Fiera di Londra, Frieze Art, con 152 gallerie presenti è sempre più un appuntamento per il club dei collezionisti che scommettono, con il portafoglio gonfio, sull’arte come sulla finanza, la Fiac di Parigi è il termometro di un nazione che sull’arte guarda al mercato ma non solo. Quanto a Basilea, il suo marchio è solidissimo, sebbene la comunità dell’arte contemporanea, cosmopolita e apolide nei suoi tour tra fiere, mostre, inaugurazioni, passione per il collezionismo e moda allo stato puro, ha ormai capito che in Europa sull’arte si stanno rimescolando carte e gerarchie. Ha capito che, in fondo, è come se Londra e Parigi avessero deciso di competere nel modo più utile per entrambi: differenziando i ruoli, e dunque le aspettative del pubblico e dei potenziali compratori di opere.

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ARTE CONTEMPORANEA ITALIA. E l’Italia? Come al solito mostriamo il nostro doppio volto, anche sull’arte contemporanea, di un Paese vitale quando lo guardi dal basso, sul territorio, e fuori dalla modernità, e perfino dalla logica, quando alzi lo sguardo alle fragilità del sistema Paese. Di un Paese che spreca le sue migliori risorse. Sulla carta, infatti, di Fiere di arte contemporanea ne abbiamo due, e non una punto e a capo come in Francia e in Gran Bretagna, con una singolare concorrenza interna, che rischia solo di penalizzare entrambe. La Fiera di Bologna è sempre più local, azzoppata da un provincialismo che si respira girando i suoi stand e si certifica con un dato: nell’ultima edizione, quella del gennaio scorso, in teoria gli espositori sono aumentati, rispetto al 2013, del 28 per cento (172 gallerie che comunque erano 200 solo tre anni fa), in realtà il dato è truccato perché i curatori di Arte Fiera hanno pensato bene di aprire le porte dei padiglioni alle gallerie che vendono opere dell’Ottocento e perfino dell’arte antica. Che cosa c’entri questo con il contemporaneo è un mistero, o forse è solo la presa d’atto di un declino irreversibile. Il secondo appuntamento è quello di Torino, Artissima, che si svolge nel mese di novembre: rappresentava una bella sfida sul versante delle nuove tendenze e dei nuovi artisti, ma tutto si è ridimensionato, dagli espositori in arrivo dall’estero, sempre meno, fino al budget, tagliato all’osso. Una lunga falcata all’indietro, proprio mentre, come abbiamo visto avanzano Parigi e perfino Madrid.

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ARTE CONTEMPORANEA ROMA. D’altra parte il passo indietro dell’arte contemporanea in Italia, in termini di sistema, è generale. I galleristi, che pure sono tanti e talvolta vulcanici nella loro attività, fanno quello che possono, strangolati da un’Iva folle, che taglia le gambe alle vendite, e da una tendenza dei collezionisti più facoltosi ad acquistare opere a Londra, Parigi, Basilea, New York. Ovunque ma non in Italia. I musei, infine, e ne abbiamo di eccellenti sparsi per la penisola, sprofondano, come nel caso del Macro di Roma, non tanto per mancanza di risorse quanto per l’incompetenza di politici ed amministratori, dilettanti allo sbaraglio, che non hanno capito un accidente di che cosa significa, e di quanto può valere, l’arte contemporanea in termini di economia, cultura, reti internazionali e slancio verso la modernità. Qualcuno, a questi signori dovrebbe regalare un soggiorno gratuito a Parigi, a Londra, a Madrid. Nell’Europa, dove noi rischiamo di stare sempre più ai margini. Anche nell’arte dove invece dovremmo essere, per nostra natura, una potenza.

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da Il Messaggero

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