In realtà la frase completa di don Lorenzo Milani, un sacerdote capace da una piccola parrocchia (a Barbiana, in Toscana) dove era stato emarginato, di scrivere pagine storiche per la Chiesa e per la scuola, era questa: «Il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne tutti insieme è la politica, uscirne da soli è l’avarizia».
In tempi di eclissi del primato della politica, con classi dirigenti screditate e non riconosciute dai popoli, le parole di don Milani sono di grande attualità perché ne restituiscono il senso, il valore autentico e l’importanza per tutta la comunità dei cittadini e non per una casta di privilegiati, come oggi appare il ceto dei partiti e delle Istituzioni. Ma è in generale l’intero messaggio di don Milani che torna ad essere particolarmente attuale, anche grazie a due libri molto belli: il primo è del giornalista Mario Lancisi e si intitola Processo all’obbedienza, la vera storia di don Milani (edizioni Laterza), mentre il secondo è firmato da Michele Gesualdi con una prefazione di Andrea Riccardi e una postfazione di don Luigi Ciotti, e si intitola Don Lorenzo Milani, l’esilio di Barbiana (edizioni San Paolo).
Lancisi, uno dei più autorevoli e puntuali biografi di don Milani, punta l’attenzione su un processo del 1966, nel quale il sacerdote di Barbiana venne accusato del reato di apologia e incitamento alla diserzione e alla disobbedienza civile. La sua colpa? Aveva scritto la Lettera ai cappellani militari, poi diventata famosa come la Lettera a una professoressa, nel quale aveva difeso l’obiezione di coscienza (al servizio militare) e rivendicato il diritto a disobbedire a ordini sbagliati. Troppo in tempi di Guerra Fredda, e anche per questo don Milani, assolto in primo grado fu poi condannato in appello, fino a quando la pena si estinse per la sua morte.
Se Lettera a una professoressa è un testo sacro, fondamentale per chiunque si occupa di scuola e di educazione, con Lettera ai cappellani militari, come racconta e spiega bene Lancisi nel suo libro, don Milani affronta il tema dell’obbedienza e della responsabilità. Ovvero di come disubbidire, per esempio di fronte alle ingiustizie e alle diseguaglianze, di fronte agli esclusi sempre più emarginati e ai privilegiati inclusi sempre più garantiti, sia un dovere. Un modo per assumere una responsabilità, occuparsi davvero degli altri, condividere con loro un problema che diventa anche il tuo, il mio, il nostro. Un salto attualissimo nell’universo di uno stile di vita fondato sulla condivisione, sullo stare insieme, sull’attenzione verso gli altri, sul Noi:il contrario dell’indifferenza e del super individualismo che ha dominato, per anni, sotto il segno dell’Io, Io,Io.
Don Milani, come ricorda Riccardi nel libro di Gesualdi, è fondamentalmente un prete, ancorato al Vangelo e al suo messaggio delle Beatitudini, dove gli ultimi sono i primi e i poveri sono i più beati di tutti. L’intera vita di don Milani è da questa parte dell’umanità, e per questo ha sempre fatto scandalo, e anche il suo metodo di insegnamento, che puntava a formare le coscienze prima delle competenze, è tutto ispirato a un’idea inclusiva della scuola. Tanto che don Milani ripeteva spesso: «Una scuola che perde i più fragili non è più una scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati». Anche qui, è da notare l’enorme modernità del pensiero del sacerdote di Barbiana. In tempi di Grande Crisi, dove le ingiustizie post globalizzazione sono esplose, bisogna trovare infatti una nuova strada, un nuovo percorso, per ridurre tali distanze e riavvicinare persone, popoli, comunità, che si sono lacerati. Talvolta nella miseria e nella povertà. Altre volte nello spreco compulsivo e nell’indifferenza.
Fonte immagine di copertina Getty Images
UN TESTO CHE AIUTA A CAPIRE COME OCCUPARSI DEGLI ALTRI
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