«Avere troppo uccide il desiderio» (Nadia Olivero)

Una psicologa dei consuma spiega perché l’accumulo eccessivo di oggetti colpisce la creatività. Non rende felici. E opacizza la personalità

avere troppo

L’antico adagio già segnalava il rischio: il troppo storpia. E può uccidere il desiderio e la creatività, come spiega Nadia Olivero, psicologa dei consumi e docente dell’università Bicocca di Milano.

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AVERE TROPPO

Il troppo, l’accumulo oltre il necessario, fonte di sprechi, nasce anche da un’ambizione identitaria. Più oggetti possiedo, più mostro simboli di tendenza, più appartengo a una minoranza di persone che si sono affermate, ce l’hanno fatta.

Più possiedo, più sono felice. Il corto circuito inizia con questa falsa equazione: il possesso degli oggetti, con un accumulo esagerato, non assicura la felicità. Anzi, nell’ossessiva ricerca di qualcos’altro, rischiamo di diventare infelici. E se alla conquista di cose non c’è fine, allora la felicità diventa irraggiungibile.

Perdita di identità. Nell’accumulo si prova a costruire una propria identità, e questo riguarda specialmente le fasce di adolescenti, i più suscettibili al richiamo dei brand, dei marchi. Per darsi un volto, appunto. Ma poiché i consumi hanno bisogno di creare sempre nuove offerte, il rischio è di rincorrere continuamente i nuovi oggetti. E non definire mai un’identità.

Fine del desiderio. Il desiderio nasce sempre da una mancanza. Se hai la sensazione di avere tutto, allora il desiderio evapora. Muore prima ancora di venire alla luce. E con il desiderio non matura neanche la creatività.

Fine della creatività. Se la mancanza produce desiderio, è il desiderio a stimolare la creatività. Scoprire, inventare, progredire, crescere. Un’intera catena si spezza con “l’avere troppo”, e scatta un senso di frustrazione tra il tanto che si possiede e il poco, o nulla, che si sogna. O anche solo si immagina.

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