Povertà in Italia: tre milioni di persone chiedono aiuto per mangiare

La distinzione tra poveri e bisognosi è davvero inutile. Piuttosto la situazione sociale non è mai stata così grave dal dopoguerra a oggi. E contano anche istruzione e salute.

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Tre milioni. Sono questi gli italiani, secondo un’indagine della Coldiretti, che ormai si rivolgono abitualmente a una mensa dei poveri per mangiare oppure aspettano un pacco alimentare.  Corrispondono a una popolazione più grande di tutti gli abitanti di Roma. Qualcuno li definisce poveri, secondo altri si tratta soltanto di bisognosi.
Ma esiste una differenza.

Quanti sono i poveri in Italia? Il dato più attendibile, come sempre in questi casi, arriva dall’Istat. E porta a un totale di 5 milioni e 58mila persone che nel nostro Paese vivono, o sopravvivono, in povertà assoluta. Dormono ovunque, anche accanto ai binari di una stazione. Affollano le mense dei poveri sparse in tutte le regioni. Fanno l’elemosina. Cercano un modo per arrangiarsi. Solo in pochi casi ricevono protezione da qualche familiare.

I poveri assoluti, quelli che secondo l’obiettivo numero 1 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile bisognerebbe azzerare, in realtà stanno aumentando. Anche in Italia. La curva, secondo quanto segnala l’Asvis, è andata decrescendo fino al 2017, per poi tornare ad impennarsi nel 2018.

MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ

Ma è all’interno del fenomeno povertà, e delle relative statistiche, che bisogna leggere per capire se e come possono funzionare le misure di contrasto attualmente in campo, a partire dal famoso reddito di cittadinanza. La prima cosa che balza agli occhi è la differenza geografica della povertà. Nel Sud sono poveri 1.554.000 abitanti, ai quali vanno sommati i 798mila delle isole; nel Nordovest si scende a 1.146.000; nel Nordest a 748mila e nel Centro a 795mila. È evidente che questa classifica riflette le diverse condizioni economiche e sociali del Paese, e quindi una politica di contrasto alla povertà, se non si vogliono sprecare soldi pubblici, deve concentrarsi con maggiore intensità proprio al Sud. Non considerandolo «la palla al piede» del Paese. È nel Mezzogiorno che si gioca la partita dell’inclusione sociale, senza la quale il reddito di cittadinanza rischia di ridursi a puro assistenzialismo.

come ridurre la povertà

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AZZERARE LA POVERTÀ

Un’analisi molto completa, che aiuta a capire quanto sia sottile la linea di demarcazione tra povertà e bisogno e quanto entrambe queste definizione siano legate a profonde ingiustizie sociali, è l’indagine di Eurostat. In Italia siamo arrivati a 11 milioni e 800 mila persone che hanno un reddito inferiore al 60 per cento rispetto a quello medio disponibile; il 25 per cento della popolazione ha difficoltà ad avere beni e servizi che dovrebbero essere a disposizione di tutti (dall’assistenza sanitaria a una casa sufficientemente riscaldata). E i minori in età prescolare (under sei anni), a rischio povertà, sono il 26,7 per cento del totale (erano il 23,8 nel 2020). Intanto, tornando all’indagine Coldiretti che abbiamo citato all’inizio, i bambini sotto i 15 anni che hanno bisogno di una mensa per i poveri oppure di un pacco alimentare per mangiare, sono diventati 600 mila.

POVERI IN ITALIA

Un secondo aspetto da tenere in evidenza riguarda l’età dei poveri. I più colpiti, e anche qui purtroppo le statistiche parlano di aumenti e non di diminuzione, sono i giovani. La fonte in questo caso è Save the children. Nel 2008 era povero in Italia un minore su venticinque. Adesso siamo a un minore su otto. Una progressione impressionante, del tutto fuori controllo. Non a caso, la risposta numero uno in termini di lotta alla povertà, affermata anche dal Nobel per l’Economia, l’indiano Abhijit Banerjee, deve restare la seguente: aiutare i poveri a partire dal loro primo desiderio, ossia un lavoro stabile per i figli. Per i giovani. Vittime di una doppia esclusione, come poveri e come giovani.

Lo squilibrio è talmente evidente da spaventare anche chi non dovrebbe avere alcuna paura. Chi maneggia i soldi dei ricchi. L’amministratore delegato di BlackRock, uno dei più importanti fondi di investimento del mondo, nella lettera agli azionisti ha scritto parole molto chiare in proposito: “Mitigare la povertà è una condizione per la sostenibilità degli utili aziendali, e restituire risorse alla comunità è un fattore chiave per ogni business”. La povertà spaventa perfino il mondo degli affari.

POVERTÀ ED ESCLUSIONE SOCIALE

Tornando al reddito di cittadinanza, il suo funzionamento, che andrà misurato nel tempo e con continuità per coglierne gli effetti reali e non ipotetici, è molto legato a ciò che può produrre proprio su questo versante. Offrire servizi, dare opportunità, formare e riformare: tutto per accompagnare i più giovani verso l’uscita dalla zona grigia della povertà e portarli all’approdo di un lavoro certo. Non precario. Non instabile. Non legato a singole congiunture e a singoli interventi. E innanzitutto regolare, non inquinato dai meccanismi del lavoro nero.

POVERTÀ DI REDDITO

Terzo elemento da valutare, con l’obiettivo di azzerare la povertà, è quella fascia di popolazione (il 20,6 per cento), non certo minoritaria, che denuncia una «povertà di reddito». Potremmo metterla così: sono uomini e donne che pure hanno un lavoro, guadagnano qualcosa, ma ciò che portano a casa non basta a garantire a loro e alle loro famiglie una vita davvero dignitosa.

Il vero campanello di allarme, a proposito di redditi e povertà, arriva dal conto che il ceto medio italiano sta pagando per effetto dell’onda lunga della Grande Crisi. Dal 2008 la classe media ha perso il 12 per cento del suo reddito che, tradotto in valore assoluto, significa circa 2.350 euro. Una cifra enorme, che altera stili di vita e aumenta l’insicurezza sociale. Oltre che, ovviamente, rendere molto fragile il potere di acquisto delle famiglie, che corrono il rischio di slittare verso la zona grigia dell’impoverimento a tutto tondo. Risultato: il 43,8 per cento degli italiani non raggiunge neanche i 15mila euro di reddito, la soglia minima convenzionale dalla quale parte la classe media.

RIDURRE LA POVERTÀ

Potremmo stare ore a discutere le differenze tra questo tipo di povertà e quella assoluta, ma la sostanza non cambia. Si tratta comunque di persone che stanno lentamente scivolando verso la una condizione di enorme disagio, e non vedono l’uscita dal tunnel. Qui non contano tanto misura come il reddito di cittadinanza, o altre forme di sussidi che pure non mancano, ma è determinante quella che un tempo di chiamava la politica dei redditi. Ovvero l’unica forma di interventi che possono in qualche modo riequilibrare distanze oggi abissali. Fino all’insostenibile: un mondo dove la povertà è ancora così alta non è sostenibile, e per questo l’azzeramento della povertà è l’obiettivo numero 1 dell’Agenda Onu 2030.

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PER APPROFONDIRE: Panifici solidali, dove è possibile, ogni giorno, donare il pane ai poveri. Si evitano sprechi e si aiuta chi è in difficoltà

DISTANZA TRA RICCHI E POVERI IN ITALIA

Dicevamo della distanza tra ricchi e poveri. Sempre più ampia. Anche in un Paese, come l’Italia, che ha fatto della coesione sociale la leva vincente negli anni del boom economico e della sua lunga corsa verso le sponde del benessere di massa. Di stili di vita da ceto medio benestante. Al contrario, come se stessimo procedendo a marcia indietro, siamo arrivati al punto che attualmente il 20 per cento della popolazione più ricca detiene il 72 per cento dell’intera ricchezza nazionale. È una torta divisa male. Anzi: non distribuita. E come tale assolutamente indigesta.

LE INIZIATIVE PER CONTRASTARE LA POVERTÀ:

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