Il carovita pesa anche sui bebè: oggi far crescere un bambino è una spesa non indifferente. In un Paese che, appunto, non sa più crescere.
Il caro-bebè rappresenta un tipico mistero all’italiana. Dietro il quale si nascondono piccole e grandi speculazioni, pressioni di aziende e corporazioni, complicità di medici senza scrupoli. E innanzitutto sprechi, tanti sprechi sulle spalle delle famiglie, quelle che, a parole, tutti vorrebbero proteggere. Due dati di partenza sono impressionanti: latte artificiale e pannolini nel Belpaese costano fino al 40 per cento in più rispetto alle altre nazioni europee, mentre un bimbo italiano nel primo anno di vita, a colpi di rincari e di prezzi fuori controllo, si traduce in una spesa che oscilla tra i 6mila e i 13mila euro, compresi passeggini e carrozzine. Assurdo. E talmente inspiegabile che migliaia di famiglie italiane si stanno auto-organizzando per sfuggire a questa trappola con i viaggi all’estero (per risparmiare si attraversa il confine e si va in Austria o in Slovenia a fare scorte di pappe e pannolini) e, molto meglio, con i gruppi di acquisto solidale che si stanno moltiplicando anche grazie al web. Dove nasce lo spreco del caro-bebè e come si sviluppa? Il trucco c’è e si vede in tutti gli anelli della catena, dal produttore al consumatore. Già nel lontano 2004, per esempio, alcune aziende di latte artificiale sono state multate perché con un’azione di cartello riuscivano a gonfiare i prezzi dei listini. Il secondo passaggio, la distribuzione, è ancora più opaco: i prodotti della prima infanzia, acquistati in farmacia o in una parafarmacia, sono molto più cari rispetto ai prezzi applicati nei supermercati e negli ipermercati. L’ombra della speculazione è evidente. Come non si capisce bene perché i pediatri abbiano spesso il vizietto di “prescrivere” solo prodotti di marca, e non generici, sicuramente più costosi. Il consumatore-famiglia, di fronte a questa catena di sprechi, è messo quasi sempre con le spalle al muro, specie se non riesce ad accedere alle giuste informazioni che alimentano la concorrenza e indicano rapporti più corretti tra la qualità e il prezzo dei singoli prodotti. Così il ministro Andrea Riccardi, che tra le sue competenze ha anche la delega alla Famiglia, ha deciso di rivolgersi all’Antitrust con un esposto che segnala il problema e denuncia l’incredibile caro-bebè, che in tempi di Grande Crisi si traduce in un danno spesso insostenibile per una famiglia a basso reddito. E il presidente dell’Antitrust, Giuseppe Pitruzzella, ha aperto un fascicolo, anticipando già con una dichiarazione il suo sconcerto di fronte . Non resta che aspettare e vigilare, sperando che l’iniziativa dell’Antitrust non si riduca all’ennesimo grido di dolore dopo il quale tutto resta come prima, e gli italiani pagano il conto.
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