dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
BERLINO – Veicoli silenziosi e senza marmitta sulla Friedrichstrasse o sul Kurfuerstendamm, car-sharing a tutto spiano anche se il mezzo privato non ha più un motore a scoppio, decine e poi centinaia di colonnine per la ricarica delle batterie sparse in ogni angolo della città. Berlino fa sul serio: è decisa a diventare capitale europea del passaggio all’auto elettrica. Di qui al 2020, il governo della città-Stato vuole che almeno centomila delle auto con cui i berlinesi vanno al lavoro, portano i figli a scuola o scorrazzano per discoteche o nelle gite del weekend siano elettriche. E per arrivarci, il popolare borgomastro-governatore socialdemocratico Klaus Wowereit ce la sta mettendo tutta. La scommessa parte così nel cuore del Mitteleuropa: entro nove anni la vivace, instancabile "città che non dorme mai" di Germania vuol diventare laboratorio del dopo-petrolio. Nella vita quotidiana, senza rinunciare al diritto alla mobilità, dicono Wowereit e Wolf.
Il piano è ambizioso, e conta sull’appoggio del governo federale, sugli investimenti nelle nuove tecnologie, sullo sponsoring dei grandi dell’auto. Non importa che Angela Merkel guidi il centrodestra nazionale e "Wowi" governi insieme alla sinistra radicale: il trend dell’ambiente è bipartisan. "Berlino elettrizza", è lo slogan, un chiaro gioco di parole tra la sfida dell’auto elettrica e il fascino della capitale.
Lo stratega è Gernot Lobenberg della Agentur fuer Elektromobilitaet
della città-Stato. Fondi pubblici per 80 milioni di euro sono il primo passo. Nel quadro del piano federale: tra nove anni, la Germania vuole avere almeno un milione d’auto elettriche in circolazione. Gli esempi americano, francese, danese vengono studiati e seguiti.
La prima mossa è quella di Vattenfall, il colosso svedese dell’energia che controlla l’azienda berlinese dell’elettricità: rapida costruzione di almeno 50 colonnine elettriche, il distributore di benzina del futuro. Poi incentivi per chi attrezza il garage con prese di corrente d’adeguata potenza. E infine appelli e incoraggiamenti alle aziende. Daimler, cioè Mercedes, già produce qui nel quartiere di Marienfelde le propulsioni per la Smart elettrica, Continental concentra a Berlino ricerca e sviluppo per le batterie, Bmw guarda con interesse alla capitale, avendo appena lanciato il suo nuovo marchio BmwI, le auto elettriche premium di domani. Negoziati sono in corso anche con Opel. Il sogno è diventare capitale e città-modello europea dell’auto elettrica. La Technische Universitaet, uno dei tre atenei berlinesi, aiuterà a organizzare un network dei centri di ricerca.
Il Land di Brandeburgo (l’antica Prussia, lo Stato attorno a Berlino) fornirà corrente pulita con la sua armata di campi di pale eoliche e il fotovoltaico. L’ex aeroporto di Tempelhof, quello del ponte aereo angloamericano che salvò la città dal blocco di Stalin, diverrà parco per imparare a usare i nuovi veicoli. E quando aprirà il Willy Brandt international, il nuovo scalo della città, quello di Tegel si trasformerà in un sito di ricerca e produzione. Creando posti di lavoro in una città che ne ha fame.
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