Biodiversità: servono 3,6 miliardi per salvare una riserva naturale dal petrolio

La riserva naturale di Yasuni, in Equador, si estende per quasi 10mila metri quadrati. Un paradiso naturale dove c'è anche tanto petrolio

Yasuni

C’è un parco nazionale in Ecuador tra i più ricchi al mondo per biodiversità. È Yasuní, una riserva naturale di ben 9.823 chilometri quadrati, uno dei luoghi più fertili e ricchi di specie di animali del pianeta m anche uno dei più sconosciuti.

LEGGI ANCHE: Calabria, guardate la finta diga costata milioni di euro

SALVARE DAL PETROLIO LA RISERVA YASUNI

Circa 150 specie di rane, 120 di rettili, 600 di uccelli, 200 di mammiferi, ben 100 specie di pipistrelli e ancora 1.500 specie di piante e 400 specie di pesci: una biodiversità alquanto difficile da ritrovare anche in altri luoghi. Ma non è tutto: ci sono bacche con cui preparare il sapone e foglie con proprietà benefiche per i reni e curative per le malattie cardiache.

Nel dicembre del 2012 alcuni studenti hanno addirittura scoperto l’esistenza di un fungo capace di divorare la plastica poliuretanica: una scoperta che potrebbe rivoluzionare le discariche.

Ma Yasuní non è solo uno degli ultimi paradisi naturali, è anche ricchissima di petrolio. Nel 2007, in una zona del parco, venne scoperta una riserva da 960 milioni di barili di petrolio, che ovviamente le compagnie vogliono sfruttare.

Una ricchezza ma anche una sfortuna per Yasuní. La foresta giace infatti sopra tre potenziali campi di estrazione dal valore di circa 7 miliardi di dollari.

Quel petrolio potrebbe offrire al Paese la sua buona opportunità di sviluppo ma allo stesso tempo porterebbe alla distruzione di una vasta area incontaminata.

SALVARE LA BIODIVERSITÀ RISERVA YASUNI

Nei primi anni le estrazioni hanno contribuito a creare ospedali, scuole e strade. Nonostante questo però il petrolio non ha risolto molti dei problemi del Paese anzi come sottolinea Alberto Acosta, ex ministro del petrolio, oggi ecologista radicale: “ha aiutato le nostre infrastrutture ma ha inquinato e provocato danni all’ambiente”.

Ma una via d’uscita c’è. Lo stesso presidente dell’Ecuador sta lavorando a un piano che prevede la possibilità di lasciare il petrolio nel sottosuolo, in cambio della metà del suo valore, circa 3,6 miliardi di dollari versati in 13 anni dai paesi industrializzati.

Anche le Nazioni Unite hanno creato un fondo per Yasuní e dopo una prima donazione tedesca di 50 milioni di dollari sono stati tanti i governi, le amministrazioni regionali e locali, le istituzioni europee e i privati cittadini che hanno contribuito alla salvaguardia della riserva. Secondo le stime, sarebbero già più di 100 milioni, i dollari rientrati nel fondo fiduciario.

Il programma avrà una durata di 13 anni, limite massimo per la raccolta dei 3,6 miliardi di dollari necessari per dire addio alle trivellazioni petrolifere, una cifra che rappresenta comunque solo la metà delle entrate che sarebbero derivate all’Ecuador dallo sfruttamento del giacimento petrolifero.

Risorse fondamentali per salvare un immenso patrimonio naturale evitando che il giacimento venga dato in concessione ai privati per essere sfruttato.

Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
Torna in alto