Bioplastiche: perché sono inquinanti

In alcuni casi fanno più danni delle plastiche convenzionali. A mare possono ridurre l’ossigeno, nel terreno diminuiscono la flora batterica

Nuove nubi si addensano sulle bioplastiche. A ogni nuova ricerca corrisponde, purtroppo, la conferma di come questo tipo di plastiche (prodotte da piante o da altra materia organica non fossile, ma anche da combustibili fossili se sono facilmente biodegradabili) possa inquinare come, se non peggio, la plastica convenzionale. Una recente ricerca della Jiangnan University in Cina, con un team di esperti guidati da Jie Wang, ha stabilito in modo inequivocabile che le plastiche biodegradabili a base di acido polilattico possono essere più dannose delle convenzionali. 

Il test è stato fatto partendo dalle piante di grano, separando quelle coltivate in un suolo con microplastiche di polietilene oppure in un suolo con tracce di plastiche biodegradabili a base di acido polilattico. Il risultato è stato che in questo secondo caso le piante di grano crescevano molto peggio e restavano decisamente più piccole. 

Ma perché le bioplastiche possono inquinare più di quelle convenzionali? La risposta che arriva dalla ricerca dell’università cinese parte dall’esame dei livelli di nutrienti. Mentre il polietilene non mostra di avere effetti sulla flora batterica del suolo, l’acido poliattico la riduce, e anche in modo significativo, facendo aumentare i batteri che si nutrono di azoto e diminuendo quelli che lo fissano nel terreno. In questo modo, le piante ricevono meno azoto e crescono peggio. È come se la bioplastica agisse in modo da defertilizzare il terreno, un effetto non certo innocuo.

Un altro studio di fonte spagnola ha esaminato una ventina di articoli scientifici sulle bioplastiche, specie quelle che derivano dall’amido di mais, arrivando alla conclusione che possono inquinare quanto le plastiche convenzionali, specie se raggiungono ambienti marini e costieri. E altre ricerche fatte negli Stati Uniti, infine, fanno presente che i sacchetti biodegradabili a base di amido di mais, per esempio, riducono in modo significativo il livello di ossigeno nei substrati marini e li riscaldano. 

A fronte di queste notizie scientifiche, e di un progresso tecnologico che dovrebbe rendere le bioplastiche più sicure per l’ambiente, ciò che tutti gli scienziati raccomandano è di smaltirle con la massima attenzione, negli appositi impianti, e come è previsto per la plastica convenzionale.

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