BUONA INTEGRAZIONE IMMIGRATI
Una storia d’amore andata a buon fine, tra due profughi ventenni, ci racconta sull’immigrazione molte più cose di qualsiasi slogan ai confini del razzismo o di qualsiasi invocazione buonista ai confini dell’inutile retorica. Siamo in Puglia e questi due ragazzi, che per proteggere la loro sicurezza chiamiamo con i falsi nomi di Giulietta e Romeo, entrambi in attesa dello status di rifugiati, si sono sposati, come due cittadini qualsiasi, per mano di Domenico Vitto, sindaco di Polignano.
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STORIE DI BUONA INTEGRAZIONE
La coppia arriva da uno dei paesi più difficili del Sud est asiatico, e fugge non solo dalla miseria, dalla guerra e dalla mancanza di lavoro: scappa, rischiando la pelle, innanzitutto dall’oscurantismo civile e culturale della loro terra. Lei doveva sposare un uomo che non amava, solo per ubbidire agli ordini della madre; a lui toccava la stessa sorte, con il vantaggio che, dopo il matrimonio, sarebbe diventato il padre-padrone di un’altra donna.
Giulietta e Romeo hanno scelto la fuga, vendendo tutto ciò che avevano e arrivando in Italia con un visto turistico. Sono stati in Sicilia, e poi in giro per le regioni meridionali, e hanno fatto la richiesta dello status di rifugiati. Sono riusciti finalmente a trovare un luogo adatto per vivere da immigrati in un piccolo Centro di accoglienza in Puglia, non quei giganteschi inferni dei grandi Centri di accoglienza che dovremmo chiudere uno dopo l’altro. A Polignano i due ragazzi hanno iniziato a lavorare (lui lavapiatti, lei colf), e sono stati assistiti dalle associazioni dell’Arci che curano questa piccola struttura, finanziata con i fondi destinati ai sindaci, la vera frontiera sulla quale poggia la buona immigrazione in Italia.
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BUONA INTEGRAZIONE
Insomma: Romeo e Giulietta sono stati aiutati in tutti i modi possibili. Come è giusto che sia di fronte all’orrore e alla violenza di un immigrato che chiede aiuto per cambiare vita e per non soccombere agli orrori dei luoghi dove è nato. Ma Romeo e Giulietta hanno fatto anche la loro parte, in termini di doveri degli immigrati. Hanno frequentato dei corsi per imparare l’italiano, che adesso parlano correttamente; non si sono persi nelle tenebre di attività oscure, ma stanno cercando di avere il reddito necessario, come ciascun cittadino, per lavorare e vivere dignitosamente; si sono inseriti nella comunità locale, a partire dal quartiere dove adesso vivono da sposi. Hanno accettato le regole della civiltà occidentale, dove la donna non è un pacco postale da assegnare a un uomo, e un uomo non ha diritto di vita e di morte sulla sua compagna di vita.
Conclusione: la buona immigrazione non è un pasto gratis, e richiede sforzi e impegno da più parti. Ma è possibile, è utile a tutti, e quando funziona non fa altro che rafforzare le nostre comunità allargandole e rendendole più forti.
(Nell’immagine di copertina la bomboniera realizzata per gli sposi dagli ospiti del centro di accoglienza. Fonte: Repubblica)
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