Il caffè decaffeinato viene scelto molto spesso per le sue possibili qualità: conserva quasi tutte le proprietà del caffè tradizionale e allo stesso tempo è una buona soluzione per chi potrebbe avere effetti indesiderati dalla caffeina (insonnia, ipertensione, problemi gastrointestinali, etc…). In Italia, una percentuale tra il 10 e il 15 per cento degli abituali consumatori di espresso, sceglie il caffè decaffeinato, che tra l’altro può essere bevuto nelle ore serali senza compromettere il sonno, e dunque è normale che attorno a questo prodotto ci siano grandi interessi commerciali e anche alcune opacità che possono diventare pericolose per chi sceglie il “deca”.
Tutto dipende dal metodo con il quale il decaffeinato viene prodotto, e che compare in etichetta (non sempre in modo chiaro). Il metodo più discusso e controverso è quello che prevede l’uso del diclorometano (o anche cloruro di metilene), una sostanza considerata come possibilmente cancerogena dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) e inserita nel gruppo 2B di questa classificazione.
In Europa l’uso del diclorometano per la decaffeinizzazione del caffè è consentito, a condizione che vengano rispettati i limiti di residuo stabiliti dalla normativa (2 mg/kg) e che il solvente utilizzato sia di qualità alimentare, e infatti il diclorometano è vietato da molti anni nella produzione di cosmetici e di articoli per la rimozione di vernici. Anche in America l’uso del diclorometano è consentito, secondo i limiti previsti dalla legge, ma l’Agenzia per la protezione ambientale da anni si batte per vietarne l’uso dopo avere individuato dei possibili e gravi danni al fegato, fino al cancro, legati alla neurotossicità della sostanza. E il Center for Science in the Public Interest, un’organizzazione indipendente che tutela i consumatori, ha chiesto in modo esplicito alle autorità sanitarie americane di eliminare l’uso del cloruro di metilene per qualsiasi prodotto.
Il caffè decaffeinato diventa sicuro, invece, se viene prodotto con metodi naturali, che non utilizzano i solventi chimici. Uno di questi si chiama “metodo ad acqua” e consente l’eliminazione della caffeina tramite osmosi e filtri a carboni attivi. Un altro metodo naturale di eliminazione della caffeina, per arrivare alla produzione del “deca”, è a base di anidride carbonica: si utilizza CO₂ ad alta pressione, in grado di ottenere il risultato desiderato.
Questi metodi naturali per eliminare la caffeina dovrebbero diventare gli unici, ma si tratta di processi sicuramente più lunghi e costosi rispetto all’uso del diclorometano, molto efficace quanto rischioso.
A questo punto il consumatore di caffè decaffeinato ha in mano un’arma importante, da non sprecare, per proteggersi: leggere l’etichetta, dove il metodo scelto dal produttore viene indicato. Se il metodo non è indicato in etichetta, cosa piuttosto frequente, significa semplicemente che sono stati utilizzati solventi chimici come il diclorometano.
Il Salvagente, la rivista specializzata nei test in laboratorio di qualsiasi genere di consumo, ha pubblicato un elenco di alcuni noti marchi di caffè che non dichiarano in etichetta il metodo con il quale si realizza la loro versione “deca”. E sono:
- Illy Espresso e Iperespresso
- Nespresso
- Vergnano 1882
- Kimbo
- Carrefour
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