CAMBIARE MESTIERE
Facciamo i migliori auguri a Simone Silvani e Silvia D’Altri: hanno avuto coraggio. Non sono due ragazzini, ma un uomo e una donna maturi, con un ottimo curriculum di studi alle spalle, un’esperienza professionale frustrante, e una scelta di vita lavorativa molto radicale. Hanno messo in piedi una nuova attività, un camioncino con la sigla ASpasso per vendere passatelli e panini.
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ASPASSO SIMONE SILVANI SILVIA D’ALTRI
Simone, dopo la laurea con ottimi voti, ha fatto l’architetto per 13 anni. Più rogne che guadagni, e scarse prospettive per il futuro, salvo una vita da precario. Silvia, invece, proviene da un altro universo di studi che sforna di disoccupati in serie: una facoltà di Scienze della Comunicazione. E anche lei, tanta fatica, tanti lavoretti, anche nel marketing, e pochi guadagni.
I passatelli venduti sulla strada invece funzionano. Se ne vendono anche 150 porzioni in un paio d’ore, durante la pausa pranzo o nei fine settimana, e i costi di un’attività itinerante legata al food sono piuttosto contenuti. Tanto che camioncini e ape sono diventati i nuovi luoghi di questa economia da strada. Un’idea semplice, ma efficace anche grazie a due ricette sulle quali Simone e Silvia si considerano imbattibili: i passatelli con il ragù bianco di mora romagnola e quelli cacio e pepe. Molto richiesti, come i panini con pane toscano.
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RICOMINCIARE DA ZERO
Fatti i complimenti alla coppia di piccoli imprenditori-commercianti, ci viene qualche dubbio ricostruendo la loro storia. Primo dubbio: A che cosa sono serviti decenni di studi, anche faticosi, se poi bisognava mettersi a vendere passatelli con un camion? Tanto valeva iniziare prima, senza sprecare tempo (anni) e soldi (rette varie) per fare l’università. Seconda domanda: augurando a Simone e Silvia le migliori soddisfazioni, era proprio questo il loro progetto di vita? In Italia siamo arrivati al punto che si nasce, e si diventa architetti, e poi si è costretti a scegliere la strada di una piccola attività in proprio, con pasta e panini: un’inversione perlomeno singolare. Terza domanda: ma allora i giovani, oltre all’eredità e alla fuga all’estero, possono solo sognare un lavoro nel food? E l’Italia è proprio condannata a essere un paese di pizzicagnoli e dehors? Non c’è altro nell’immaginario delle nuove generazioni?
Segnaliamo, a conclusione di questa storia agroamara, che in Italia mancano 150mila tecnici, che con competenze da istituti tecnici (e non necessariamente da università) potrebbero trovare lavoro nell’efficienza energetica, nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nel made in Italy, nei Beni culturali e nel Turismo. Posti persi, sprecati. E posti di lavoro, forse con una qualità superiore alla vendita di passatelli e panini con un piccolo camion.
(Le immagini sono tratte dalla pagina Facebook di ASpasso)
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