Campo di Giove: il borgo rinato grazie ai rifugiati

Hanno portato energie fresche, così sono nati posti di lavoro e nuovi bambini. E si è fermato lo spopolamento

Campo di Giove rifugiati

CAMPO DI GIOVE BORGO RINATO GRAZIE AI RIFUGIATI

Un piccolo borgo in Abruzzo, a mille metri d’altezza, sulle montagne che circondano l’Aquila: un luogo che meriterebbe un romanzo per la storia che contiene. Campo di Giove era destinata a un ineluttabile spopolamento, con una popolazione residente di poco più di ottocento persone, la chiusura delle scuole per mancanze di iscritti, e la fine anche di piccole attività sul territorio. Poi tutto è cambiato con l’onda lunga dell’arrivo dei rifugiati, in fuga da guerre e carestie: albanesi, siriani, ucraini, ghanesi, pachistani, e venezuelani. Sono arrivati nuovi bambini, con un vero e proprio boom di nascite, e non solo le scuole per l’infanzia e la primaria non hanno chiuso, ma è stata progettata una nuova sede.  I rifugiati hanno portato lavoro, spingendo anche persone locali a non abbandonare Campo di Giove. Come nel caso di Domenico Casasanta e della moglie Rossella Santilli, che hanno creato una mini-filiera, a cavallo tra artigianato locale e industria, per la produzione di grano, farina e prodotti da caseificio. Grazie alla Cooperativa Horizon, l’atterraggio dei rifugiati a Campo di Giove è stato molto morbido: gli immigrati hanno avuto un alloggio e un lavoro e hanno frequentato dei corsi per imparare perfettamente l’italiano. E l’integrazione ha funzionato, dando un futuro a Campo di Giove che rischiava di diventare un borgo di fantasmi.

QUANDO L’IMMIGRAZIONE FUNZIONA:

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