L’imbroglio delle cannucce di plastica

Dovevano scomparire, ma le vendite sono ai massimi. Colpa di una legge scritta male e della solita furbizia all’italiana

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Le cannucce di plastica sono state bandite in Europa dal 2019. Dopo la direttiva dell’Unione sono arrivate le leggi nazionali (in Italia soltanto alcuni anni dopo), e adesso si scopre che nel nostro caso si tratta di norme che fanno acqua da tutte le parti. E consentono di imbrogliare i consumatori, con le vendite di cannucce di plastica che hanno toccato nuovi record.

Tutto nasce dal buco scoperto nel decreto approvato per applicare anche in Italia l’abolizione delle cannucce di plastica. Forse non per ignoranza, ma sicuramente anche per proteggere qualche traffico commerciale, nelle norme che vietano la plastica monouso per alimenti è stata inserita una regola che di fatto consente di dribblare completamente la legge. Basta un’autodichiarazione con quale si assicura che il prodotto sia “lavabile” e “riutilizzabile” e le cannucce di plastica tornano sul mercato. 

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Nessuno in un bar, in una tavola calda, in un ristorante, si sogna di lavare una cannuccia di plastica e riproporla a un nuovo cliente. Ma tutti preferiscono acquistare le cannucce di plastica per il semplice motivo che costano molto meno. Una busta con cento cannucce di plastica costa tra 1,20 e 1,50 euro; con altrettante cannucce in bioplastica, biodegradabile e riciclabile, il presso schizza a 2 euro. La differenza di costo matura non soltanto per l’uso di diversi materiali, ma anche per il luogo dove vengono fabbricate le cannucce. Quelle di plastica, infatti, sono quasi tutte made in China, dove i controlli sono pari a zero e il costo della manodopera è ancora basso: e così il mercato italiano resta invaso dalle cannucce di plastica, che dilagano nei bar come nelle catene della grande distribuzione. 

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