CARCERE DI BOLLATE RISTORANTE –
Per entrare è obbligatoria la prenotazione. Poi, quando si arriva al gabbiotto d’entrata del Carcere di Bollate a Milano, bisogna farsi letteralmente “scortare” fin dentro al cortile, dove si trova il locale.
Si chiama giocosamente “InGalera” ed è il nuovo ristorante, unico in Italia, in cui lavorano i detenuti. Aperto a pranzo e a cena, accoglie i clienti con un’atmosfera calda: l’arredamento è moderno e spiritoso. Alle pareti, infatti, campeggiano le locandine di film come “Il miglio verde” o “Le ali della libertà”.
Anche il servizio è ottimo: i carcerati in servizio sono diplomandi presso l’Istituto Alberghiero Paolo Frisi e lavorano sotto il controllo di un maître professionista e dello chef Ivan Manzo.
INGALERA MENÙ –
La cucina si contraddistingue per la scelta delle materie prime, di alta qualità, e per un menù elaborato, ma con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
La spesa media per un antipasto e un piatto, più il vino si aggira intorno ai 20-25 euro.
INGALERA RISTORANTE –
L’idea di un ristorante all’interno del carcere è venuta nel 2004 all’ex direttrice, Lucia Castellano, ed è stata portata avanti dal nuovo dirigente, Massimo Parisi.
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Un progetto che nasce dal felice esempio di ABC Catering, la cooperativa sociale di cuochi professionisti, che sotto l’esperienza di Silvia Polleri offre un servizio di alto livello.
E sempre la Cooperativa, grazie al supporto di Fondazione Cariplo, il Ministero della Giustizia, PWC, l’Istituto Paolo Frisi e la Fondazione Vismara, ha preso in mano anche questa nuova sfida, che promette di fare faville.
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L’obiettivo, come ci ha spiegato Silvia Polleri, è quello di “offrire ai detenuti, regolarmente assunti, la possibilità di riappropriarsi della cultura del lavoro attraverso un percorso di formazione professionale, ma soprattutto di responsabilizzazione”.
RISTORANTE IN CARCERE MILANO –
“Io spero – ci ha confidato Polleri – che un giorno uno di questi ragazzi venga a dirmi che ha trovato un posto migliore, dove lo pagano di più. Questa sarebbe la nostra vera vittoria: che anche fuori si riconoscesse la loro professionalità e il lavoro che abbiamo fatto qui”.
Per chiudere il cerchio, l’intenzione sarebbe quella di trovare una cooperativa che si prendesse cura degli spazi verdi del carcere, per metterli a frutto e realizzare dei prodotti da vendere anche al ristorante. Si creerebbe così un circuito virtuoso a km 0, impiegando ancora più detenuti e garantendo un servizio ancora migliore alla clientela.
Progetti importanti, che offrono una nuova speranza e opportunità a chi “sta dentro” in vista di quando la loro pena terminerà. Non è un caso, dunque, che a Bollate la percentuale di recidiva sia solo del 20%.
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