Curarsi con Internet non aiuta a guarire

La maggioranza degli italiani non cerca solo informazioni sul web, ma pretende anche una terapia fai-da-te. E rischia la cybercondria

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CURARSI CON INTERNET

Curarsi con Internet è diventata un’abitudine del popolo del web. A colpi di clic, si ricavano, e si danno per scontate, tutte le notizie che servono per una malattia: diagnosi, cause, cure e terapia. Un pacchetto chiavi in mano, una sorta di visita virtuale a più voci, scavalcando completamente il medico, quello vero.

PERCHÉ NON SI DEVONO CERCARE I SINTOMI SU INTERNET?

L’88 per cento degli italiani, quando non sta bene, fa la sua ricerca su Internet per capire a quale malattia sono associati i sintomi che avverte. E spesso, cosa ben più grave, dalla presunta diagnosi passa direttamente alla terapia fai-da-te.

Già eravamo un popolo di ipocondriaci, a proposito di spreco della salute e dei soldi per curarsi quando non serve, con la mania di accumulare medicine come se avessimo tutti i mali del mondo, adesso siamo diventati anche un popolo che sempre di più tende a curarsi con le diagnosi e le terapie dei dottori Google e Yahoo. Tanto per completare la nostra capriola all’indietro, stiamo scherzando con il fuoco del benessere primario, la salute appunto, e a proposito di scherzi per afferrare questo disastro con ironia, un famoso medico (vero, non virtuale) dell’Istituto dei tumori di Milano, ha piazzato un provocatorio cartello davanti alla porta del proprio ambulatorio con la seguente ironica battuta rivolta ai pazienti: «Coloro che si sono già diagnosticati da soli tramite Google, ma desiderano un secondo parere, per cortesia controllino su Yahoo».

Battuta spiritosa, con effetti a catena sul web in termini di repliche e controrepliche, ma a parte il linguaggio azzeccato, devo dire che il nostro medico dell’Istituto dei tumori ha perfettamente ragione. La medicina fai-da-te, che non ha nulla a che vedere con gli autonomi e responsabili rimedi naturali da applicare, per conquistare fette di salute, attraverso gli stili di vita, è semplicemente una stupida paranoia. Da “ciucci e presuntuosi”, direbbero a Napoli per catalogare i matti che pensano di affidare un problema cardiaco o polmonare alle risposte in tempo reale, usa e getta, del web.  E questa paranoia non ci azzecca nulla con le opportunità, queste sì da coltivare, che Internet offre agli utenti di informarsi anche di medicina, attraverso le fonti di una buona divulgazione. Capire davvero che cosa sia una malattia e quali potrebbero essere le sue case, aiuta a vivere meglio e magari a fare una buona prevenzione. Cosa ben diversa dalle cure fai-da-te.

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ASCESA DOTTOR GOOGLE

L’ascesa del dottor Google ormai è talmente un fatto acquisito che i medici devono fare i conti con un nuovo interlocutore. Il paziente che si rivolge al dottore, infatti, ha già consultato Internet, ha già visto le cure possibili, e quindi il suo approccio con il medico non è più quello tradizionale, di una persona che si fida di chi lo sta curando. Il paziente ha in tasca la sua diagnosi, arriva con le sue soluzioni che vuole mettere a confronto con quelle del medico, e di solito sono caricate dall’ansia accumulata a forza di curarsi con Internet. I medici hanno anche creato piattaforme, come dottoremaeveroche.it , realizzata dalla Federazione nazionale dei medici chirurghi e odontoiatri, per dare una sponda ai potenziali pazienti che scelgono il web come il vangelo per le loro cure. Ma intanto, è nata una nuova patologia: la cybercondria.

 CYBERCONDRIA

La cybercondria è un disturbo che nasce proprio dall’ossessiva ricerca di informazioni mediche su Internet. Da un lato c’è la classica forma di ipocondria, dall’altro lato il fenomeno è abbinato all’uso compulsivo del web. Che non rassicura, ma semmai contribuisce a sviluppare nuove forme di nevrosi e di depressione. Con il risultato che il medico vero si trova un paziente con una doppia patologia da curare: la malattia per la quale ha svolto la sua ricerca su Internet, e l’ansia che ha sviluppato dalle sue ricerche.

CERCARE MALATTIE SU INTERNET

Per quanto la tecnologia possa fare promesse, che comunque non sempre mantiene, e per quanto sia più facile del previsto distinguere le fake news dalle notizie corrette e attendibili, la cura fai-da-te attraverso Internet resta demenziale. Non ci sarà mai nessun bit al mondo che ci darà la garanzia di riuscire a distinguere tra un dolore di stomaco e un infarto, oppure tra la scarsità di fiato quando si salgono le scale a piedi e un tumore al polmone che avanza. Per queste diagnosi, per qualsiasi vera diagnosi, tanto più se riferita a malattie delicate, servono strumenti corretti, occhio clinico e bravi medici. Uomini e donne in carne ed ossa, non il Dr. Google o il Dr. Yahoo.

Mi direte: anche un medico può sbagliare la diagnosi e dunque la terapia. Assolutamente. Anzi, mi pare di capire che alcuni medici a forza di sprecare tempo firmando carte nei reparti ospedalieri oppure di considerare i pazienti come dei numeri per aumentare il monte-visite private, e i relativi incassi, abbiano perso di vita il principale dovere di un bravo e responsabile dottore: fare una diagnosi corretta. Con empatia, con serenità, con competenza. Ma a fronte di una minoranza di medici mediocri o perfino farabutti, una minoranza che, badate bene, esiste in tutte le categorie, anche tra i giornalisti, lavora una maggioranza di dottori, appassionati e competenti, dei quali ci possiamo e ci dobbiamo fidare. E in ogni caso, non possiamo reagire alla malasanità, pubblica e privata, trasferendoci nel reparto sempre più affollato dei pazienti fai-da-te.

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AUTODIAGNOSI SU INTERNET

Passo dopo passo, e specie tra le nuove generazioni dei ragazzi multitasking, si rischia così di diffondere, a proposito di autentiche fake news, balle al cubo, la sgangherata convinzione che, in fondo, possiamo rinunciare al dottore e affidarci solo al suo collega virtuale, dunque finto. Non siamo molto lontani da questo traguardo di spreco assoluto. In una recente ricerca della McCann Truth Central viene accertato che il 53 per cento delle persone, con età compresa tra i 18 e i 34 anni, crede che a un certo punto la tecnologia potrebbe rendere superflua la figura del medico. Poveracci. Non lo sanno, ma rischiano tanto e di farsi molto male. Da soli.

MEDICI CONTRO GOOGLE

Nella difficile battaglia contro Google, e in generale contro Internet, i medici utilizzano anche l’arma dell’ironia. Una volta che il paziente arriva alla visita con le informazioni raccolte sul web provano a rassicurarlo e gli ricordano che si tratta di informazioni online, non di un medico con un camice bianco e con alle spalle decine di anni di studi e di formazione. Oppure fanno come il medico dell’istituto dei tumori di Milano che ha messo sulla porta d’ingresso del suo studio un cartello con queste parole: “Coloro che si sono già diagnosticati da soli tramite Google, ma desiderano un secondo parere, per cortesia controllino su Yahoo.com.
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Un foglio A4 affisso sulla porta dello studio di un medico all’Istituto nazionale tumori-Int di Milano

(Credits immagine di copertina: MK photograp55 / Shutterstock.com)

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