Che cosa può fare, concretamente, l’Europa per arginare l’onda lunga dell’immigrazione dal Nord Africa? Gli egoismi nazionali, e le paure dei singoli stati alla vigilia di importanti consultazioni elettorali, hanno paralizzato l’Unione, scaricando oggi sull’Italia il peso della pressione. L’unica strada percorribile, con realismo, è quella di individuare un’azione comune, con un’unica voce, che abbia un obiettivo preciso e vincolante: scoraggiare i viaggi alla fonte, intervenendo sui paesi africani attraverso incentivi economici, sostegni e pattugliamento delle loro frontiere. Sulla carta esiste anche lo strumento operativo per questa soluzione: il Frontex, l’agenzia europea preposta alla gestione delle frontiere, che negli ultimi tempi abbiamo lasciato marciare nelle sabbie mobili dell’euroburocrazia. Ne fanno parte tutti i paesi dell’Unione, che hanno messo sul tavolo anche un budget per il 2011 di oltre 100 milioni di euro. Rilanciando il Frontex, e trasformandolo, in questa fase, nello strumento per un’azione comune sull’immigrazione, è possibile superare le divisioni e attivarsi per bloccare i flussi, altrimenti destinati ad aumentare in modo esponenziale.
D’altra parte non si capisce perché l’Europa interviene, in modo unitario e con strumenti ad hoc, per salvare dal default economico alcuni stati membri, come la Grecia e il Portogallo, e non è capace di portare avanti un’azione comune per prevenire l’immigrazione selvaggia. Quando si tratta di quattrini e di stabilità finanziaria siamo uniti, e quando invece sono in gioco sicurezza e vite umane marciamo divisi?
Se riuscissimo a sbloccare l’impasse di questi giorni rilanciando il Forex, e fornendolo di maggiori strumenti e poteri, allora sarà possibile avviare una seconda fase all’interno dell’Unione: quella di lavorare per un patto comune tra l’Europa e l’Africa, tagliando corto su tutti i patti bilaterali che, come abbiamo visto anche nel caso della Libia e della Tunisia con l’Italia, risultano scritti sulla sabbia. Certo: fin quando si tratta di difendere l’euro, esistono interessi e strumenti comuni, riconducibili alla moneta unica. Per l’immigrazione, invece, è indispensabile il salto nella dimensione politica, senza la quale l’Europa sarà sempre più un cartello commerciale e sempre meno un’unione di stati nazionali.
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