Esiste una differenza tra poveri e bisognosi?

Questa classificazione è diventata inutile. Oggi la povertà ha molte facce, che si traducono in bisogni non soddisfatti. Comprese la salute e l’istruzione

Chi sono oggi i poveri?

Esiste una differenza tra povertà e bisogno? E in quale misura può essere utile metterla a fuoco? Queste domande mi sono venute in mente dopo che abbiamo pubblicato questo articolo: una bellissima storia di solidarietà, con un ipermercato appena aperto a Mestre, e intitolato a Papa Francesco, per le persone che non hanno i soldi per fare la spesa. Noi le abbiamo chiamate poveri, in modo semplice e chiaro. Ma la definizione non è piaciuta a tanti lettori, che ci hanno scritto, anche piuttosto indignati, chiedendoci di cambiare il titolo e di parlare genericamente di persone «bisognose». Non sono d’accordo, e provo a spiegarmi, cercando di circoscrivere la differenza tra povero e bisognoso.

CHI SONO I POVERI OGGI?

Sicuramente ci sono delle distanze, sia quantitativa sia anche temporali, che separano il povero tout court e il bisognoso. Il primo, magari, è entrato in questo infernale girone di precarietà già da molto tempo, il secondo ha subito una perdita temporanea che spera a breve di recuperare. Il povero è completamente senza mezzi, il bisognoso forse ha qualche riserva da consumare.

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DIFFERENZA TRA POVERI E BISOGNOSI

Chiarite queste differenze, vi chiedo però: hanno un senso? Modificano il nostro atteggiamento verso queste persone? E faccio un esempio molto concreto. Un uomo di circa 50 anni ci ha raccontato la sua storia: ha perso il lavoro, sono scaduti gli ammortizzatori sociali della cassa integrazione e della solidarietà, e lui non ha più i soldi per pagare l’affitto, mantenere la moglie, con la quale è separato, e un figlio. È un povero o un bisognoso? Sicuramente è una persona che darà  una benedizione ai volontari che hanno aperto l’ipermercato Papa Francesco a Mestre, e poco gli interessa capire se può classificarsi come povero o come bisognoso. Tra l’altro, il contesto nel quale viviamo è tale per cui scivolare dal bisogno alla povertà, con tutte le conseguenze, è questione di poco, pochissimo. Altrimenti in Italia non dovremmo fare i conti con 4,6 milioni di poveri, secondo le statistiche dell’Istat e non sulla base delle percezioni di qualche associazione di volontari impegnati nel sociale.

DIFFERENZA TRA POVERTÀ E MISERIA

Questa discussione ci porta indietro, quando si ragionava sulla differenza tra povertà e miseria. San Tommaso diceva che la povertà costringe a rinunciare al superfluo, la miseria invece costringe a rinunciare al necessario. È un’altra distinzione piuttosto superati dai tempi. La povertà oggi ha molte facce (pensate a chi non ha accesso alle tecnologie, a una buona formazione, all’assistenza sanitaria) e tutte coincidono con la perdita del necessario, e quindi con la miseria. Buona parte dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile è dedicata più che a tematiche ambientali in senso stretto alle azioni di contrasto per azzerare la fame, sconfiggere la povertà, assicurare a tutti salute, benessere, istruzione di qualità, un lavoro dignitoso, energia pulita e accessibile, acqua potabile. L’Agenda Onu è un maxi piano contro la povertà che ormai è un sinonimo di miseria, e di orribili diseguaglianze. Nell’Italia dei 4,6 milioni di poveri circa il 75 per cento della ricchezza è concentrata nella mani del 5 per cento della popolazione. E questo fenomeno, purtroppo, negli ultimi anni è andato solo accentuandosi, allargando la forbice tra pochi ricchi e tanti, troppi poveri (e\o bisognosi).

MISURE CONTRO LA POVERTÀ

E qui arriviamo alle azione pubbliche, a ciò che la politica può fare per essere efficace contro la povertà e il bisogno. In questo caso facendo alcune differenze.  L’errore di fondo del reddito di cittadinanza, infatti, sta in questo equivoco: l’introduzione di uno strumento del genere è necessaria. Ma siamo sicuri che arrivi nelle mani giuste? Nelle regioni del Sud, specie quelle dove la disoccupazione è più alta, non facciamo altro che registrare storie  di imprenditori, anche semplici albergatori e ristoratori, che non trovano lavoratori disponibili. Preferiscono tenersi il reddito di cittadinanza e lavorare in nero. Per non parlare delle famiglie dei mafiosi e dei camorristi che hanno avuto accesso a questa forma di bonus.

POVERTÀ, IL GOVERNO DOVREBBE SAPER DISTINGUERE

Il governo avrebbe fatto meglio a distinguere, in questo caso, il povero, con la sua cronicità, dal bisognoso, con la sua temporaneità. E questo avrebbe evitato tanti sprechi assurdi, consentendo di affrontare la disuguaglianza con strumenti più mirati e più opportuni, sulla base delle diverse condizioni dei destinatari. Allo stesso tempo, non possiamo restare impiccati alla definizione della povertà, ormai obsoleta, della Banca Mondiale: è povero chi deve vivere  con 1 o 2 dollari al giorno. In Italia si può campare con 10 euro al giorno senza sentirsi poveri? Ancora una volta le risposte devono essere mirate e ben finanziate, per fare in modo che aumentino i redditi, la ricchezza venga distribuita meglio e sia più condivisa. E questo nell’interessi di tutti: ricchi, poveri e bisognosi.

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