CHIUSURA NEGOZI SIGARETTE ELETTRONICHE –
Se volete avere un’idea della follia che accompagna i prelievi fiscali in Italia, seguite il pellegrinaggio della tasse che si applicano alle sigarette elettroniche. Un settore che andrebbe incentivato sia perché aiuta a ridurre i consumi del nocivo tabacco sia perché intanto in Italia sono nate aziende e punti vendita. E invece, il governo sta facendo il contrario, tentando di spremere le sigarette elettroniche e di considerarle una sorta di bancomat per nuovi prelievi. Magari con lo scopo, non dichiarato, di dare un aiuto ai potenti produttori di sigarette.
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NEGOZI SIGARETTE ELETTRONICHE IN ITALIA –
Nell’anno di grazia 2013 è stato introdotto un prelievo fiscale sulla e-cig e sugli accessori pari al 58,5 per cento, equivalente a quello per il tabacco. Poi, nel dicembre del 2014, viene annunciata una revisione della tassazione, con la promessa di tagliarla alla metà rispetto alle sigarette. Ma nel passaggio da un ufficio all’altro, questa buona intenzione è stata cancellata. Intanto, nel 2015 sono arrivate le sentenze del Tar e perfino della Corte Costituzionale che bocciano la stangata fiscale sulla e-cig. Ed è arrivato un nuovo studio sui benefici della sigaretta elettronica che riduce anche danni secondari, ma non per questo meno gravi: tosse, mal di testa, irritazione alla gola, bocca secca. Inoltre la metà degli utilizzatori di sigarette elettroniche, nel giro di un anno ha smesso completamente di fumare.
VENDITA E-CIG –
Ma, tornando all’assurdo prelievo fiscale, il caos sulla e-cig ha avuto un solo effetto. Nell’ultimo anno hanno chiuso 3.800 negozi e le aziende italiane del settore, che erano le prime esportatrici d’Europa, hanno perso importanti quote di mercato. Quanto al gettito fiscale, dei 112 milioni di euro previsti per il 2015, forse ne arriveranno 8. Se tutto va bene.
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