Il cibo che serve: il progetto Acli di Roma con il recupero di 200mila chili di prodotti

Un format molto efficace contro lo spreco del cibo e per aiuti concreti alle famiglie bisognose. Oltre 2mila gli esercenti convenzionati. E sei presidi sul territorio

acli il pane a chi serve

In un anno di lockdown, quando qualsiasi contatto era davvero difficile, sono stati capaci di recuperare circa 200mila chilogrammi di cibo, destinato allo spreco, e di distribuirlo a chi ne ha bisogno, a partire dalle famiglie più povere dei quartieri popolari. I volontari impegnati nel progetto Il cibo che serve, realizzato dalle Acli di Roma, è un format molto interessante per coniugare la lotta allo spreco del cibo con una concreta ed efficace solidarietà.

IL CIBO CHE SERVE

Tutto è iniziato con una prima parte del progetto, Il pane a chi serve, concentrato sul pane e sui prodotti d forno. Tutto ciò che avanza nella rete dei rivenditori di pane collegati al progetto dell’Acli di Roma viene redistribuito sul territorio attraverso le associazioni di volontariato che svolgono un’attività di sostegno alle famiglie povere. Dopo il pane, sono arrivati altri cibi. Con numeri molto interessanti: 130mila chilogrammi di frutta e ortaggi, 4mila chilogrammi di salumi e oltre 2mila box con polli, panini e bibite.

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RECUPERO GENERI ALIMENTARI ACLI

Il meccanismo del progetto Il cibo che serve è semplice ma ben articolato sul territorio. Da un lato ci sono 2mila punti vendita convenzionati che si occupano del recupero del cibo altrimenti sprecato e della sua consegna nei centri di raccolta. Oltre al gesto di solidarietà c’è anche un vantaggio per questi esercenti: la riduzione dei costi di smaltimento. Quei prodotti donati attraverso il progetto Il cibo che serve finirebbero altrimenti nella spazzatura, con una spesa che invece viene azzerata.

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ACLI CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Una volta che il cibo viene consegnato dagli esercenti, c’è poi il momento della raccolta e della distribuzione che avvengono attraverso il mini-network di sei presidi territoriali. Da qui i prodotti finiscono alle associazioni di volontari, tutte censite dalle Acli, e poi alle singole famiglie. Gli spazi di crescita di un progetto come Il cibo che serve sono enormi. Da un lato c’è solo da rafforzare il format e renderlo praticabile quartiere per quartiere e in altre città, con gruppi di esercenti convenzionati divisi per zone e Centri sociali di raccolta e distribuzione che si moltiplicano.

  • Si potrebbero, per esempio, coinvolgere con più frequenza le parrocchie.
  • In secondo luogo, la quantità di cibo che si spreca in quanto prossimo alla scadenza, è enorme, un pozzo senza fondo. Soltanto a Roma, dove è nato il progetto Il cibo che serve si sprecano e finiscono nella spazzatura 200 quintali di pane al giorno. E tante associazioni, a partire dalla Caritas, spendono migliaia di euro per acquistare il pane da distribuire ai poveri che assistono.

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