CIBO MARCIO
Ci sono molti modi per raccontare la truffa del cibo, che più o meno ogni giorno viene servita sulle nostre tavole. E un metodo efficace è quello di mettere insieme le storie, che sconfinano nella cronaca nera, con le statistiche e con gli stili di vita, come fanno molto bene Giancarlo Caselli, ex magistrato e oggi presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nel sistema agroalimentare, e Stefano Masini, docente di Diritto agroalimentare all’università di Tor Vergata di Roma, nel libro C’è del marcio nel piatto (edizioni Piemme).
La lista delle schifezze, a danno dei consumatori e sotto il falso mantello del made in Italy sfruttato come marchio di qualità, è lunga, e attraversa tutti i cibi. Dal vino al metanolo a quello senza uva. Dal cavallo che diventa manzo alla “mucca pazza”. Dalla mozzarella con la cagliata al pomodoro cinese, fino al falso parmigiano che parla cirillico, argentino e spagnolo.
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PRODOTTI ALIMENTARI CONTRAFFATTI
Per capire l’intensità del fenomeno e la sua pervasività, bisogna partire da due numeri e da un esempio. L’agroalimentare è uno dei punti di forza dell’intero sistema Italia, fattura oltre 270 miliardi di euro e occupa 2,5 milioni di persone. È chiaro che, con questa premessa in termini di opportunità economiche, in prima fila tra coloro che Caselli e Masini definiscono «i draghi del made in Italy che avvelenano la tavola» non possono mancare i clan della malavita, sempre a caccia di nuovi settori di attività economica e criminale.
Il fatto è un esempio, uno solo che vale per tutti, di quali possono essere i profitti accumulati con la truffa del cibo marcio servito a tavola. Prendiamo il settore caseario, dove appunto la malavita si è ben insediata. Per produrre 1 chilo di mozzarella falsa e fraudolenta bastano 700-800 grammi di formaggio-cagliata, che mediamente costa 2,65 euro al chilo. Aggiungete i costi vari di produzione e di distribuzione, attorno al 20-30 per cento, e si arriva a una cifra media di 2,60 euro. Al contrario, fare la mozzarella solo con il latte fresco non può costare meno di 6-7 euro al chilo. Se pensate che per acquistare un chilo di mozzarella non si spendono meno di 11-12 euro al chilo (ma si arriva anche a 18-20), allora è chiaro che i margini di profitto di questa attività illecita sono enormi. Come nel caso del formaggio prodotto con le «polveri», oggetto di diverse inchieste della magistratura. In questo caso, con un chilo di questa robaccia, al prezzo di 2 euro, si possono mettere in vendita 10 litri di latte, oppure 15 mozzarelle o 64 vasetti di yogurt. Nella truffa, a pagare il conto sono i consumatori e i produttori onesti. I primi mangiano schifezze laddove comprano prodotti presentati come eccellenze; i secondi non toccano palla contro la concorrenza sleale dei draghi. In mezzo, nell’area di rischio, ci sono 500 prodotti caseari tradizionali, a volti realizzati con grandi sacrifici, e 28 miliardi di euro di fatturato. Inutile dire che una bella spintarella alla truffa servita a tavola arriva dall’Unione europea, dove nei giri delle grandi scelti politiche l’Italia conta come il due di picche. E l’Unione ingiusta, a trazione tedesca, per difendere produzioni di qualità inferiore e spesso opache, come quelle dell’alimentare made in Germany, non ha alcun interesse a proteggere il vero made in Italy.
TRUFFE ALIMENTARI
Come ci dobbiamo difendere dal cibo marcio servito a tavola? Chi può fermare la lobby dei draghi avvelenatori? Sicuramente servono leggi, poche e chiare, e non la nostra babele di norme; servono forze dell’ordine e magistrati leali; servono associazioni di categoria che non proteggano, in modo complice, gli iscritti spregiudicati. Ma serve innanzitutto la nostra capacità di conoscere, di essere ben informati, di scegliere. Tutte cose che possiamo fare senza chiedere il permesso a nessuno.
STORIE DI CIBI MADE IN ITALY CHE DIVENTANO VELENI
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