In Cina vietate le bici di notte

Il regime teme che possano servire ai giovani per organizzarsi. E protestare contro la mancanza di libertà

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Il regime cinese ha il terrore dei giovani. E li segue passo dopo passo, pronto a intervenire appena c’è anche il più piccolo segnale di qualche protesta. Basta una banale marcia di gruppo, un’avventura da dilettanti in bicicletta, e immediatamente scattano i divieti. I giovani cinesi avevano preso l’abitudine di incontrarsi di notte, dopo gli studi e il lavoro, per fare lunghe passeggiate. Tutto è iniziato con l’adunata di gruppo per andare di notte in bicicletta da Zhengzhou a Kaifeng, a mangiare la più tipica zuppa di ravioli della Cina. Da allora si sono moltiplicate le passeggiate notturne dei giovani in bicicletta, con una partecipazione sempre più ampia.

Ma i 50 chilometri percorsi a Kaifeng, un’antica città nella provincia di Henan, nella Cina centrale, famosa per i suoi siti storici e per i ravioli al vapore, sono stati gli ultimi della serie. Migliaia di studenti, circa 100 mila, hanno partecipato alla biciclettata di massa, cantando l’inno nazionale e sventolando la bandiera cinese. Una provocazione? Sicuramente la pedalata non è piaciuta al governo di Pechino, che ha deciso di vietare l’uso delle bici di notte. Con un motivo piuttosto paradossale per la sua infondatezza: una questione di ordine pubblico, di sicurezza. L’unica cosa che va davvero paura all’establishment politico cinese è il dissenso giovanile. Tanto più se cammina spedito, raccogliendo consensi lungo la strada, in bicicletta, il simbolo della mobilità in questo Paese. 

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