Murray Carpenter è un giornalista scientifico e investigativo molto famoso in America: ha scritto per importanti testate come il The New York Times e il Wall Street Journal, ma innanzitutto è conosciuto per i suoi libri-denuncia su argomenti legati alla salute, all’industria alimentare e alla ricerca scientifica.
L’ultimo testo di Carpenter, “Sweet and Deadly, How Coca-Cola Spreads Disinformation and Makes Us Sick” (letteralmente: “Dolce e Mortale, Come Coca-Cola Diffonde Disinformazione e Ci Fa Ammalare”, sta facendo molto scalpore nell’intera opinione pubblica americana in quanto documenta, nei minimi dettagli, che cosa si nasconde negli ingredienti della Coca Cola, quali sono i rischi della bevanda zuccherata più venduta al mondo e i danni che provoca alla salute dei consumatori, e come funzionano le campagne di disinformazione del colosso di Atlanta per nascondere il suo lato oscuro.
La premessa è forte e chiara, confermata da un’enciclopedica serie di ricerche scientifiche, mai smentite e puntualmente confermate nel corso degli anni: le bibite zuccherate come la Coca Cola sono quelle che più contribuiscono alla diffusione di malattie ormai diventate epidemiche, come l’obesità, il diabete di tipo 2 e le patologie cardiovascolari.
Da qui la doppia ricostruzione del giornalista americano: da un lato sugli ingredienti della Coca Cola e dall’altro versante, sulle campagne, molto ben finanziate dalla multinazionale, e mirate a rassicurare i consumatori, con la complicità di studiosi compiacenti e politici in apparenza neutrali e impegnati a difendere gli interessi dei consumatori-elettori. Un esempio? Coca Cola si è vantata in più occasioni di avere modificato la formulazione della sua bevanda, riducendo gli zuccheri. In un post spinto al massimo, per esempio, ha dichiarato di aver “rimosso 1.5 trilioni di calorie dal mercato americano”, grazie proprio al cambiamento delle porzioni degli ingredienti. Circostanza poi smentita dai fatti, al punto che l’azienda ha dovuto ritirare il post. Ancora: la Coca Cola insiste nel provare a lanciare nuove versioni delle bibite, meno zuccherate, come la Coca Cola Spiced. Peccato che in alcuni casi contiene più zuccheri della versione originale della Coca Cola.
La società, e siamo alle campagne di disinformazione, ha investito miliardi di dollari, sponsorizzando istituzioni accademiche e scientifiche, convention politiche ad alti livelli e promuovendo strategie di marketing: tutto indirizzato all’obiettivo di rassicurare i consumatori, confondere le acque sui rischi per la salute legati alla Coca Cola e minimizzare, magari con il timbro di noti accademici, questi pericoli. Anche qui un esempio: la campagna con in prima fila ex rappresentanti del governo americano con eventi, apparentemente di natura esclusivamente scientifica, come quelli promossi dall’Hudson Institute o dalla Healthy Weight Commitment Foundation (HWCF). Peccato che questi eventi fossero finanziati proprio da Coca Cola, che ha donato milioni di dollari alle due organizzazioni.
La Coca Cola ha sponsorizzato il decollo del Global Energy Balance Network, un’organizzazione considerata di “alto valore scientifico”, guidata da docenti di primo piano delle Università del Colorado e della South Carolina. Uno dei più famosi di loro, Steven Blair, è arrivato ad affermare in un video messo in circolazione su Youtube che l’obesità non è causata dal cibo spazzatura o dalle bibite zuccherate, ma solo da uno squilibrio tra calorie in entrata e in uscita. Quando si è scoperto che l’organizzazione era nata e veniva sostenuta grazie ai finanziamenti di Coca Cola, è scoppiato uno scandalo che ha portato alla sua chiusura e alle scuse, in pubblico, dell’amministratore delegato di Coca Cola.
Grazie al libro di Carpenter si scopre un particolare davvero incredibile, decisivo per fotografare gli sprechi per la salute che si accumulano attorno al marchio Coca Cola: almeno 6 membri del Comitato Congiunto di Esperti sugli Additivi Alimentari (JECFA), su un totale di 13, fanno parte dell’International Life Sciences Institute (ILSI), un’organizzazione strettamente legata alla multinazionale americana. E il JECFA ha una funzione delicatissima: si tratta di esperti ai quali è assegnato compito di prendere decisioni rispetto agli ingredienti contenuti nelle bibite zuccherate e in particolare nella Coca Cola. Forse qui c’è qualcosa di più pesante di un già gravissimo conflitto di interessi.
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