COME AFFRONTARE LA MALATTIA
Scrivo questa riflessione davvero in punta di piedi. Con il massimo rispetto per chi soffre e per le scelte che fa, dunque senza alcuna voglia di censurare. E vi faccio una domanda: fino a che punto è giusto condividere con tutti, con l’opinione pubblica che per sua natura è affetta da morbosa curiosità, un male terribile come un cancro? La domanda nasce dal caso di due donne, eccellenti professioniste, e coraggiose malate di cancro, Nadia Toffa e Daria Bignardi, che hanno scelto di raccontare, e dunque di dare in pasto all’opinione pubblica, la loro malattia. Di farla diventare una notizia, insomma, e di condividerla.
(Nell’immagine: Daria Bignardi. Fonte: La Stampa)
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COME AFFRONTARE IL CANCRO
L’effetto, sotto certi punti di vista, è stato devastante. La Toffa si è presentata in tv e ha detto: «Chi combatte il cancro è un figo pazzesco». Già, le hanno risposto nel vortice del dibattito narcisista da web, questo accade nel mondo delle beate e privilegiate star. Ma nella realtà quotidiana, e qui la critica diventa davvero astiosa e pesante, più che sentirsi un figo, il malato di cancro ha buone probabilità di essere la vittima di una diagnosi sbagliata e di un vorticoso giro di terapie inutili. Stesso film per la Bignardi che, mentre denunciava la sua malattia, pubblicava un suo libro con una storia, quasi autobiografica, di una famiglia dove arriva la bomba del tumore. Qui le polemiche sul web hanno toccato il tema, un altro aspetto della confessione, ovvero il fatto di utilizzarla come strumento di promozione per il proprio lavoro. Come una qualsiasi comparsata in tv. E anche qui si tratta, secondo le critiche, di un privilegio da casta dei vip, e non per persone normali.
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NADIA TOFFA E DARIA BIGNARDI
Ora, se Nadia Toffa e Daria Bignardi si sentono meglio con la pubblica confessione del loro male e con la sua trasformazione in una sorta di gossip da società dello spettacolo, possiamo anche chiudere il discorso: ognuno si cura come vuole, e di fronte a un nemico così spietato come un tumore, ogni arma è legittima. Ma se non è così, ho qualche dubbio sulla pubblicità della propria salute, anche per un personaggio pubblico. D’altra parte una conferma a quanto dico arriva da una prassi molto consolidata nel giornalismo: quando si racconta la morte di un personaggio noto, per un cancro, non si scrive mai il nome esatto del male, ma ci si limita a una formula generica, con le parole «grave malattia» o «male incurabile». Questo magari sarà anche un eccesso, eppure è una forma di rispetto, di pudore, che non riguarda solo la vittima, ma anche i suoi familiari, i suoi amici, la sua comunità. E la malattia, anche nella lotta, nel testa a testa, per essere sconfitta e per non fare vittime oltre chi ne è colpito, va affrontata anche con questo pudore, senza sprecare troppo le parole. Un pudore che non significa né timidezza né paura, ma coraggio, senso del riserbo come forma di rispetto per sé e per gli altri. Un pudore da uomini e donne davvero fighi.
(Nell’immagine di copertina: Nadia Toffa. Fonte: Facebook)
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