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ANORESSIA E BULIMIA IN ITALIA
COME CURARE ANORESSIA E BULIMIA
PER APPROFONDIRE: Cani e gatti ci portano l’ormone della felicità. E aiutano a contrastare l’anoressia nervosa
DOVE SI CURA L’ANORESSIA
Ci sono due livelli di luoghi dove si curano anoressia e bulimia in Italia. I casi più lievi sono gestiti negli ambulatori, quelli più complessi nei centri diurni e residenziali, come appunto Palazzo Francisci a Todi. Complessivamente i centri diurni, pubblici e privati, in Italia sono 146. Ma con una forte disparità territoriale. In Puglia, per esempio, mancano completamente centri predisposti per i ricoveri e per la riabilitazione residenziale. In Calabria c’è un solo ambulatorio. In Sardegna, un’unica struttura residenziale, Lo Specchio, che però funziona molto bene. Nelle Asl di tutte le regioni del Sud Italia manca il personale competente e specializzato per la cura dei disturbi alimentari.
CENTRI SPECIALIZZATI PER LA CURA DEI DISTURBI ALIMENTARI
A QUALE PESO SI È ANORESSICI?
Non esiste una soglia di peso precisa, sotto la quale viene diagnostica l’anoressia, che per oltre il 90 per cento dei casi colpisce le donne. I primi segnali appaiono attorno ai 12 anni, e in generale gli specialisti adottano un parametro indicativo per lanciare l’allarme: un peso corporeo inferiore di oltre il 15 per cento rispetto a quello standard per età e sesso. Oppure un Indice di Massa Corporea (IMC) uguale o inferiore a 17: il valore viene calcolato come rapporto tra il peso in chilogrammi e il quadrato dell’altezza in metri.
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MI NUTRO DI VITA ONLUS
Di fronte ai buchi della rete assistenziale per i pazienti che soffrono di disturbi legati all’alimentazione, le varie associazioni di volontari si stanno battendo con un preciso obiettivo: aumentare le risorse per combattere l’epidemia. In prima fila c’è la onlus Mi nutro di vita, fondata e presieduta da Stefano Tavilla dopo la scomparsa a soli 17 anni di sua figlia Giulia, morta poco prima di essere ricoverata in un centro specializzato. Tra le richieste presentate dalle associazioni al ministero della Salute c’è quella di classificare i disturbi alimentari all’interno dei Servizi minimi ai quali hanno diritto i cittadini all’interno del Servizio sanitario nazionale. E sganciare i Dca dalla categoria delle fragilità psichiatriche: in questo modo ci sarebbero più risorse e più personale da destinare alla rete di assistenza per anoressia e bulimia.
CHE FARE PER FERMARE L’ANORESSIA?
Che cosa possiamo per frenare l’onda lunga dell’anoressia? I farmaci non aiutano, specie nel caso dei bambini. Bisogna agire su tre livelli: familiare, nutrizionale e psicologico. Innanzitutto i ragazzi che soffrono di disturbi alimentari hanno bisogno del calore e della serenità della famiglia, e devono essere curati. Anche in strutture specializzate, se necessario. Quanto all’aspetto psicologico, convinciamoci che si tratta di una forma di dipendenza, come la droga e l’alcol, e come tale va affrontata. Infine, l’alimentazione: prima riusciamo a insegnare ai nostri figli il valore e il senso del cibo, e minori saranno le possibilità di vederli scivolare verso la zona grigia dell’anoressia. Diamoci da fare, tutti.
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