Come fa il pinguino imperatore a resistere al gelo, a temperature che nella regione dell’Antartide possono arrivare anche a meno 60 gradi? Finora la risposta a questa domanda era una sola: il segreto è nell’organizzazione della vita comunitaria di questa specie. I pinguini imperatore, con le temperature molto basse, si muovono in gruppo, compatti e coordinati, con movimenti lenti, piccoli passi ogni 30-60 secondi. Grazie alla lentezza dei movimenti, il calore si sviluppa e si propaga all’interno delle colonie nelle quali vivono i pinguini, come un’onda che attraversa l’intero gruppo, senza che si crei un fenomeno dispersivo e auto-distruttivo di calca. Sono spostamenti simili a quelli delle onde sonore di un fluido: lenti ma efficacissimi nella loro capacità di trasferire a tutti i pinguini della colonia le ondate di calore che consentono di resistere al gelo.
A questa spiegazione scientifica se ne aggiunge una seconda: i pinguini imperatore, protetti naturalmente da due strati di penne e di piume modificate e da una consistente riserva di grasso, dispongono di un radiatore che riscalda la parte più importante del sangue venoso, quello diretto al cuore. Una recente ricerca dell’Università Politecnica delle Marche, coordinata dal biologo Emiliano Trucchi, nel mettere a fuoco il funzionamento del radiatore che riscalda il sangue venoso diretto al cuore del pinguino imperatore, ha anche individuato un punto di debolezza di questo meccanismo in seguito alla crisi climatica.
Il radiatore del pinguino imperatore non ha un isolamento termico, funziona molto bene con il clima secco, ma diventa del tutto inefficace se piove. E infatti negli ultimi anni in alcune colonie della penisola artica, si è registrata una vera strage di pinguini imperatore, legata alle piogge a loro volta scatenate nella regione per effetto della crisi climatica.
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