Uno spreco estetico. Dovuto soltanto alle apparenze, senza alcuna ragionevole motivazione quanto a realtà. La catena della frutta che viene gettata nell’immondizia lungo l’intera filiera, dalla raccolta al consumo a tavola, è davvero gigantesca. Soltanto nel primo gradino, quello della mancata raccolta, viene sprecato il 20 per cento della frutta e della verdura prodotta dai nostri agricoltori. Neanche raccolta, e lasciata marcire a terra o sulle piante. Il valore di questo sperpero in termini assoluti e tra i 12 e i 16 miliardi, pari all’1 per cento del pil italiano. Non sappiamo produrre la frutta come merita.
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COME MANGIARE LA FRUTTA
Al secondo livello dello spreco abbiamo i punti vendita, a partire dalla grande distribuzione. Di nuovo per motivi estetici, un frutto non tondeggiante, nei supermercati si butta qualcosa come il 30 per cento della frutta e della verdura messe in vendita. Ultimo passaggio: la nostra tavola. Qui c’è un altro 20 per cento di spreco. Frutta che avanza, non viene riusata, magari per fare una macedonia, e si perde o finisce nella spazzatura.
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COME NON SPRECARE LA FRUTTA?
L’idea di sprecare la frutta con la motivazione dell’estetica rasenta la follia ed è il frutto di pura ignoranza. Innanzitutto l’estetica delle frutta non è quella di una natura morta, ma si definisce sulla base delle caratteristiche vitali di un frutto. I limoni, per esempio, specie quelli meridionali, acquistano una loro bellezza grazie agli spigoli, alle forme tozze che assumono. Un limone liscio è brutto, anche solo da guardare, e non ha alcuna originalità rispetto a tanti altri prodotti simili se non uguali. Stesso discorso per le mele, altro esempio. Tra le più belle ci sono le piccole annurche, ammaccate, deformi, screpolate. Per non parlare dei mirtilli: non c’è nulla di bello in quella forma sferica, perfetta come se fosse stata predisposta in laboratorio, di un mirtillo nero coltivato nelle serre. Brillano e colpiscono, invece, i mirtilli selvatici, con le loro curve, una diversa dall’altra.
LA FRUTTA BRUTTA È ANCHE LA PIÙ BUONA
Dall’estetica alla qualità. Chiunque sia fornito di un minimo di cultura della spesa ( su questo sito lo ripetiamo spesso: la spesa è conoscenza, e da questo punto inizia la lotta agli sprechi) sa bene che nel caso della frutta il rapporto tra la presunta bellezza e la bontà di un sapore è inversamente proporzionale. In tutti gli esempi che abbiamo fatto finora, ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo, c’è un punto in comune: frutti più “brutti” sono decisamente più “buoni”.
PERCHÈ L’ESTETICA NON INCIDE SUL GUSTO
Le spiegazioni di questo fenomeno possono essere diverse. Un frutto meno tondeggiante ha ricevuto più sole nelle parti giuste, oppure è stato meno trattato. Piccole albicocche, pesche, prugne, sebbene ammaccate hanno avuto un processo di maturazione più efficace. E il loro sapore è migliore di un frutto che invece presenta canoni corretti di una presunta estetica del raccolto in campagna. Dunque, se gettiamo o scartiamo frutta solo in quanto “brutta” oltre allo spreco economico, in quanto stiamo infilando nella spazzatura prodotti che hanno un valore, dobbiamo calcolare lo spreco per il nostro piacere e la nostra salute. Stiamo gettando via la parte migliore della frutta.
TRASMORMARE UNO SPRECO IN UN’OPPORTUNITÀ
Le uniche risposte concrete contro lo scandalo dello spreco estetico, a parte i soliti appelli, come quello dell’Unione europea all’interno del Green New Deal, sono quelle che arrivano dalla tecnologia applicata alla produzione e al commercio. E sono risposte che tendono a trasformare lo spreco in un’opportunità di affari. Per esempio Cosìpernatura , un progetto che consente di acquistare prodotti agricoli con uno sconto fino al 50 per cento in 500 negozi del network NaturaSì. Un meccanismo simile, dare spazio a frutta “brutta” in cambio di prezzi scontati, lo si trova nei 386 punti vendita della catena di discount Penny Market.
ESEMPI DI PRODUZIONE VIRTUOSA
Poi ci sono le start up, come la milanese Bella Dentro, realizzata da due trentenni, Luca e Camilla: sono riusciti, soltanto con un’Ape car a creare una piccola alternativa allo scarto insensato, vendendo frutta e verdura “brutta” fuori ma bellissima dentro. O la pugliese WhyNok, nata grazie alla spinta della giornalista Lucrezia Argentieri. Accanto a diverse campagne di informazione per promuovere la conoscenza del rapporto tra estetica e qualità in agricoltura, il progetto comprende anche gli acquisti online, attraverso il sito www.whynok.com, della frutta “brutta” ma ottima.
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