Perché bisogna pagare le tasse

E non possono farlo soltanto la metà dei cittadini. In questo modo non riusciremo a difendere il nostro welfare: pensioni, sanità, istruzione, sicurezza

perchè si devono pagare le tasse
Sono troppe e le pagano troppe poche persone. Questa è la sintesi delle tasse in Italia, dall’Irpef all’Iva, ai vari contributi evasi. Lasciamo stare da parte le questioni etiche, che pure dovrebbero contare, e i doveri dei cittadini, e andiamo al sodo, cercando di dare una risposta a una legittima domanda. Perché bisogna pagare le tasse? Cosa che, evidentemente, non fa piacere a nessuno.

PERCHÉ SI DEVONO PAGARE LE TASSE

Luglio è stato un mese tosto, davvero tosto, per i contribuenti italiani. Tra dichiarazioni, versamenti, adempimenti, ravvedimenti, e via di questo passo, si sono accavallate le solite scadenze, con una semplificazione ancora troppo parziale. Sebbene alcuni progressi, in termini di macchina burocratica, siano stati fatti.

Ma il punto critico, quello dal quale dipende il nostro futuro di Paese oltre che la possibilità di una minore pressione fiscale, è e resta uno solo: a pagare le tasse sono ancora in pochi, mentre gli evasori sono tanti, troppi.

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PERCHÉ BISOGNA PAGARE LE TASSE

Traducendo il concetto con un numero, i dati in mano alla Ragioneria dello Stato ci dicono che la metà degli italiani non pagano le tasse. Ad essere più precisi siamo più di 60 milioni di cittadini residenti, dei quali oltre 40 milioni presentano una dichiarazione dei redditi. E di questi quelli che pagano almeno un euro di tasse sono 30,7 milioni di italiani. Quindi si deduce, almeno secondo le statistiche e i comportamenti fiscali, che quasi la metà degli italiani non ha un reddito ed è a carico di altri. Se poi si guardano da vicino le dichiarazioni, lascia di sasso e suscita qualche perplessità il fatto che a dichiarare redditi (lordi) superiori ai 100mila euro ci siano soltanto l’1,04 per cento dei contribuenti. Possibile? E il tenore medio di vita che vediamo solo guardandoci attorno? Come si spiega?

Giustamente Alberto Brambilla e Paolo Novati, grandi esperti di numeri del welfare, notano che a guardare le dichiarazioni Irpef, gli italiani non sembrano i cittadini di un Paese del G7, uno dei più ricchi del mondo. Di fatto ci ritroviamo, almeno sulla carta, con servizi, dalla sanità alla scuola, dall’università alle pensioni, da nazione super avanzata e con imposte dichiarate da popolo sottosviluppato. Uno squilibrio che non può reggere, e continuerà a danneggiare, come già sta avvenendo, i più deboli, i più poveri, i meno protetti e i meno furbi. Faccio un esempio concreto: considerando anche l’aumento della vita media, dove troveremo i 45,3 miliardi di euro per coprire i costi del servizio sanitario nazionale?

SPRECHI NELLA SPESA PUBBLICA

È evidente che ci sono sprechi, nella spesa pubblica, da eliminare, con i quali ingiustizie si sommano a ingiustizie. Mi chiedo, per esempio, come sia possibile che in un Paese incapace di trovare le ricorse necessarie per contrastare sul serio vecchia e nuova povertà, ci sia il 25 per cento dei soldi destinati agli anziani poveri che, secondo l’Inps, finiscono nelle tasche di persone ricche o benestanti. Una contraddizione da brivido.

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BUONI MOTIVI PER PAGARE LE TASSE

Ma oltre la lotta agli sprechi, per salvare il modello di welfare, al quale siamo giustamente affezionati, e per renderlo più equo, bisogna che qualcuno ficchi nella testa degli italiani, di tutti gli italiani, il dovere di pagare le tasse.

Non voglio menarla con la questione etica, i diritti e i doveri della cittadinanza, l’evasione endemica: sono tutte cose che conosciamo. No, voglio solo ricordare una cosa a ciascuno di noi: con la metà degli italiani che non pagano un euro di tasse e con una quota non congrua di chi paga davvero il giusto, non c’è solo un effetto boomerang per gli altri, i contribuenti onesti. Ovvero: le tasse non scendono perché sono in pochi a pagarle. Ci sarà, e questo è scritto nella curva dei conti pubblici, l’impossibilità di mantenere l’attuale livello di copertura sanitaria e previdenziale. Uno spreco si trasforma così in una doppia, micidiale ingiustizia.

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TASSE EVASE IN ITALIA

Gli ultimi dati disponibili, provenienti dall’Agenzia delle entrate, si riferiscono al 2019 e mostrano, purtroppo, una tendenza alla crescita, non certo alla diminuzione. Attorno a tre grandi aree di evasione fiscale che, sommate, sottraggono al fisco, e quindi alle spese da sostenere per il welfare, 99,24 miliardi di euro. Nel primo gruppo c’è l’Irpef, con un’evasione pari a 32 miliardi di euro da parte, per il 68,3 per cento dei casi, di lavoratori autonomi e imprese. Il secondo girone comprende l’Iva: 27,7 miliardi di euro evasi nel 2019, record europeo. Poi i contributi evasi, che significano lavoro nero, per 12,7 miliardi di euroo, rispetto agli 11,3 miliardi di euro del 2015. Intanto, ai motivi per i quali pagare le tasse che abbiamo visto si è aggiunto un ultimo, ma non secondario, rischio legato all’evasione fiscale. Se non riusciamo a portare giù le tasse evase di almeno 15 miliardi entro il 2024, avremo messo in pericoli i fondi del Pnrr. Quelli che dovrebbero servire a ricostruire il Paese.

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