Per ridurre in modo drastico i rifiuti di plastica, i Paesi dell’Unione europea dovranno inoltre raccogliere e riciclare il 77 per cento (entro il 2025) e il 90 per cento (entro il 2029) delle bottiglie di plastica utilizzate , con un risparmio per i consumatori di circa 6,5 miliardi di euro. La battaglia contro la plastica, a leggere la lista della Commissione si ritrovano i prodotti sconsigliati ai lettori di questo sito, fa così un passo avanti che potrebbe risultare decisivo, mentre non mancano allarmi sulle tracce di plastica perfino nell’acqua che beviamo. Anche nell’acqua del rubinetto.
Dopo il mare, gli oceani, le spiagge, i giardini, i marciapiedi, e potrei continuare a lungo nell’elenco, adesso sappiamo che la plastica si è infilata anche nell’acqua dei nostri rubinetti. Quella che usiamo per lavarci e, come noi suggeriamo spesso, perfino da bere.
Lo sappiamo grazie a un’autorevole onlus, si chiama Orb Media, che ha prodotto un vero e proprio studio su ben 159 campioni di acqua potabile, presi in diversi paesi del mondo, in collaborazione con alcune università americane. Quindi, siamo nel perimetro della documentazione scientifica, e non delle suggestioni o degli allarmi da integralisti dell’ambientalismo a buon mercato. Ricercatori talmente seri che, dopo avere annunciato la scoperta, hanno aggiunto due avvertimenti su ciò che invece ancora non sappiamo. Primo: quali sono i reali danni alla salute per queste microscopiche fibre di plastica ritrovate nell’acqua potabile (materia tutta da approfondire). I pesci, ad esempio, con le microplastiche ingoiate in mare ci rimettono anche la pelle, ma sull’uomo ancora non conosciamo i veri effetti. Secondo: da dove arriva la plastica nell’acqua. Dai tessuti sintetici di qualche vestito? Dallo smaltimento improprio di pezzi di arredamento della casa? Le risposte a queste domande non ci sono ancora, ma vedrete che presto arriveranno.
Intanto l’allarme sulle microfibre di plastica nell’acqua dei rubinetti, rilancia, in modo forte e chiaro, la lotta a uno spreco enorme che facciamo ogni giorno: dobbiamo ridurre il consumo di plastica. Qualcosa che possiamo davvero fare tutti, ovunque, quotidianamente, e senza grandi sforzi. Non abbiamo più bisogno di racconti, di immagini, di allarmi, di analisi scientifiche. Sappiamo bene quanto la plastica ci invade, anche inutilmente, e quanto sia entrata nel nostro quotidiano, prima con prepotenza, e poi con la nostra solita arrendevolezza di persone poco responsabili.
Ci indigniamo, protestiamo, gridiamo alla solita Apocalisse, alla Fine del mondo, ma facciamo poco, quasi nulla, per ridurre, con piccoli e normali gesti da stili di vita quotidiani, il consumo, e quindi lo spreco della plastica. La stessa che poi, tanto per fare un esempio, si traduce in 32 rifiuti (di plastica) per ogni chilometro quadrato del nostro mare.
La riduzione della plastica dovrebbe essere un obiettivo-comandamento scolpito nelle nostre teste. Dovrebbe essere insegnata nelle scuole, a partire dagli asili e dalle elementari. Dovrebbe diventare una sorta di narrazione del cambiamento. Anche con la famosa risata che seppellisce i peggiori, cioè chi ancora abusa, in modo indifferente e compulsivo, di questo materiale. Dovrebbe, appunto. Intanto, e guardate quanto è semplice, andiamo dritti all’obiettivo di diminuire l’uso, e quindi lo scarto e l’eventuale (molto eventuale…) riciclo, della plastica. In tre mosse.
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Meno oggetti di plastica
Prima mossa: eliminiamo dai nostri consumi oggetti come le cannucce, anche nei bar, le buste della spesa (senza neanche andare troppo a capire se siano “ecologiche” o “finte ecologiche”), le posate di plastica usate spesso nei brunch o nei picnic, che tra l’altro sono un pugno nello stomaco all’estetica. Una cena con forchette, coltelli e bicchieri di plastica diventa triste per definizione, anche se i commensali sono le persone più allegre e divertenti del mondo. La plastica si può eliminare dal frigo al balcone: esistono alternative naturali per conservare il cibo in frigorifero (un panno di cotone imbevuto di cera d’api è perfetto per verdura e frutta), e per il nostro balcone i vasi in plastica, che tra l’altro non consentono alle radici la migliore respirazione, si possono sostituire con i vasi fatti con la lolla (l’involucro del chicco) di riso.
Meno imballaggi
Seconda mossa: modifichiamo alcuni paradigmi degli acquisti, ricordandoci che il 39 per cento della plastica è utilizzata per imballaggi. Plastica che poi viene gettata e non sempre nel posto giusto. Se scopriamo un negozio alla spina che ci garantisce buoni prezzi, buona qualità dei prodotti, e risparmio reale (e in questo sito ne abbiamo selezionati alcuni in diverse regioni italiane), facciamolo diventare un punto stabile dei nostri acquisti. Come i mercatini a chilometro zero. Quando facciamo acquisti in salumeria, e ci propongono vaschette di plastica (che paghiamo), rifiutiamoci e chiediamo di usare sacchetti di carta. Se ci riusciamo, utilizziamo i pannolini lavabili. O l’acqua minerale in bottiglie di vetro, e meglio ancora, l’acqua del sindaco. Cerchiamo, cioè, di considerare la riduzione della plastica una sorta di filtro attraverso il quale fare passare le nostre decisioni in termini di modi di consumare.
Più riciclo, riuso e riutilizzo
Terza mossa. Sentiamoci tutti, uno per uno, degli agenti promotori di questa battaglia. Immaginate: come se ognuno di noi avesse una spilla attaccata alla giacca, al pullover, alla camicia, con la semplice scritta: No plastica. Ma più che con un accessorio da abbigliamento, la nostra funzione di agenti si dovrebbe tradurre nell’obiettivo di contaminare chiunque abbia rapporti o relazioni con noi (di lavoro, di amicizia, di famiglia). Favoriamo, per esempio, l’ingresso della lotta allo spreco della plastica nelle scuole, attraverso la voce delle famiglie in dialogo con i professori e con i presidi. Diamo qualche buon esempio, su come a casa nostra abbiamo ridotto la plastica, e raccontiamolo, amplifichiamolo, facciamolo circolare. Scansiamo quelle bottigliette di acqua che in alcune parti del mondo sono perfino fuorilegge. E se il salumiere per un etto di prosciutto ci riempie di plastica, tra fogli e buste, avvisiamolo con garbo: No, grazie, a me non serve. Con il passaparola, la piccola testimonianza, il gioco dell’imitazione, vedrete che la riduzione della plastica non sarà più una velleità tardo-ambientalista, ma diventerà uno stile di vita condiviso e utile.
Plastica a mare
Il grande problema della plastica a mare, con i numeri che abbiamo visto all’inizio di questo articolo, sarebbe in gran parte risolto se riuscissimo, in modo molto semplice, a declinare le famose tre R: Ridurre, Riusare, Riciclare. Ricordiamo che in tutto il mondo il 17 per cento degli involucri alimentari e delle cannucce sono abbandonati sulle spiagge. Uno spreco globale e gigantesco. Ridurre significa creare meno imballaggi, scegliere prodotti sfusi e quando non è possibile smaltire in modo corretto l’involucro o in qualche modo riutilizzarlo. Riusare: per declinare questo verbo la plastica si presta poco. L’ideale sono i contenitori di vetro. Una bottiglia di plastica, una volta svuotata la butterete sempre via, una bottiglia di vetro invece la potrete riusare in tanti modi. Riciclare: è vero la plastica può essere riciclata, in modo utile e da rifiuto trasformarsi in risorsa. Ma ciò presuppone ancora una volta il nostro contributo di persone responsabili: spetta a noi smaltire in modo corretto la plastica. Cosa non difficile come spieghiamo qui.
Oggetti di plastica che si possono sostituire
Per la plastica si adatta un vecchio adagio: tutto è utile, ma nulla è davvero indispensabile. Prendiamo l’esempio delle cannucce. Vi siete mai chiesti a che cosa servono, oltre che a fare una inutile scenografia da bar? A nulla. Ne abbiamo importato l’uso dagli americani, che almeno hanno un alibi di ferro. Non bevono nulla senza ghiaccio e quindi hanno bisogno delle cannucce. Per noi non è così, e questo vale anche per altri oggetti segnalati qui. Si tratta solo di iniziare a cambiare qualcosa nei nostri stili di vita quotidiana e a pensare come non sprecare.
I numeri della plastica
- In media, ogni anno inquiniamo il mare con 10 milioni di tonnellate di plastica: è come se nel mondo venisse scaricato un camion carico di plastica ogni minuto.
- Una bottiglietta di plastica ha bisogno di 450 anni per degradarsi.
- La plastica vale l’80 per cento dei detriti presenti negli oceani
- 570mila tonnellate: è la plastica che finisce nel Mar Mediterraneo in un anno. L’equivalente di 33mila bottigliette di plastica al minuto
- Ogni italiano produce, in media, 1.000 grammi di rifiuti in plastica ogni 5 giorni.
- Entro il 2050, a mare avremo più plastica che pesci
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