“Com’eri vestita?”: in una mostra itinerante gli abiti delle vittime di violenza sessuale (foto)

Nata nel 2013 negli USA in collaborazione con il Centro di educazione contro gli stupri dell'Università dell'Arkansas, in Italia l'esposizione è stata riproposta nel marzo 2018 per per sfatare i pregiudizi che colpevolizzano le donne

com'eri vestita

Le parole possono fare molto male. E gettare sale su ferite già aperte, come quelle di una molestia, o peggio, di uno stupro. Come tutta quella gamma di frasi odiose e prive di empatia come “eh ma in fondo se vai in giro sola di notte te la vai a cercare”, “un po’ però se ti vesti così allora non ti lamentare”, o la sempreverde “ma com’eri vestita”, con tutte le sue detestabili varianti. Sono passati cinquant’anni da quando una giovanissima Tina Lagostena Bassi, dietro l’obiettivo della telecamera in Processo per stupro, denunciava la tendenza, nelle cause per stupro o violenza maschile sulle donne, di puntare a screditarne la credibilità, finendo per tramutarla da vittima a colpevole. L’atteggiamento mentale che veniva messo in discussione in aula era che se c’era stata una violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna, come ad esempio la scelta di un vestiario “provocante”.  Ad oggi, nulla è cambiato. 

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“COM’ERI VESTITA?”

Chi agisce violenza su una donna  è sempre responsabile, a prescindere dall’abbigliamento della vittima, ma questo discorso, purtroppo, ha bisogno di un lavoro culturale importante per venire metabolizzato. Questo lo scopo della mostra-installazione ‘”Com’eri vestita? – Rispondono le sopravvissute alla violenza sessuale”, che espone gli abiti delle vittime di violenza, corredandoli con frasi e riflessioni delle donne e delle ragazze su quella traumatica esperienza. 

Nata sulla scia di un’esposizione statunitense, l’originale “What were you wearing”, organizzata per la prima volta nel 2013 dal Centro di educazione contro gli stupri dell’Università dell’Arkansas, l’installazione è stata adattata al contesto italiano e riproposta, nel marzo 2018, dal Centro Antiviolenza milanese Cerchi D’Acqua,  che si è occupata di svelare il pregiudizio diffuso secondo il quale se si indossano determinati capi di abbigliamento, e viceversa se ne evitano altri, si è più al sicuro rispetto a una violenza sessuale. Stereotipo ancora più fallace se si considera come, nella maggior parte dei casi, il pericolo si annidi nella propria casa. I numeri, d’altronde, non sono confortanti: dati del rapporto Istat 2019 sulla violenza di genere stimano che, nell’ordine, ad abusare delle donne siano, oltre a partner ed ex partner, colleghi di lavoro nel 2,5% dei casi, parenti nel 2,6%, amici nel 3% e conoscenti nel 6,3% dei casi.

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MOSTRA “COM’ERI VESTITA?”

Una stanza piena di pigiami, completi sportivi, gonne, tailleur da ufficio, vestitini estivi, maglioni in una non voluta galleria degli orrori straniante e di impatto, che permette alle visitatrici di “identificarsi” nelle storie narrate e ottenere delle risposte emotive di consapevolezza rispetto ai pregiudizi sulla violenza di genere. Obiettivo, riuscito, è quello di indurre le visitatrici a pensare alla banalità del male, a dirsi “ho questi stessi abiti nel mio guardaroba” oppure “ero vestita così proprio l’altro giorno”. La mostra-esposizione “Com’eri vestita” espone non soltanto la realtà con cui i tanti centri antiviolenza del territorio entrano in contatto ogni giorno, ma cerca di rispondere provocatoriamente agli stereotipi sulla violenza sessuale che si celano dietro la domanda “Cosa indossavi? Com’eri vestita?”. Concepita come un format itinerante, dietro la mostra di Cerchi D’Acqua si cela un lavoro di mesi e mesi di ascolto, aiuto e cooperazione di operatrici, volontarie e donne ospiti dei centri, che protette nel più completo anonimato hanno però contribuito al successo dell’esposizione, inaugurata alla Casa dei Diritti di Milano in via De Amicis e poi presentata alla Fabbrica del Vapore, per poi venir organizzata in varie città italiane. L’ultima, la dodicesima in ordine di tempo, dal 14 al 24 settembre a Padova presso il Centro Culturale Altinate San Gaetano, è stata particolarmente importante perché  arriva dopo una serie di tappe annullate negli ultimi mesi per via dell’emergenza sanitaria. La mostra, come detto, si presta ad essere replicata e adattata nei vari contesti locali: nella stessa città di Milano, la stessa esposizione è stata curata anche dall’associazione Libere Sinergie.

(Immagini in evidenza e a corredo del testo per gentile concessione di Alessandra Cavalli, fotografa dell’inaugurazione della mostra di Cerchi D’Acqua // Photocredits: Alessandra Cavalli)

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