CONDONO EDILIZIO
Regione che vai, condono edilizio che trovi. Non c’è solo il governo nazionale, di qualsiasi colore politico, pronto a promettere la fine di questo enorme spreco di soldi, di territorio e di legalità per poi riproporlo alla prima occasione utile: a completare il quadro ci sono le amministrazioni regionali che applicano, in ordine sparso, le loro clientelari sanatorie.
Il risultato è che stiamo accumulando una serie di record per sistemare mansarde, villette e appartamenti creati al di fuori della legge. L’abusivismo edilizio per necessità, infatti, è un’altra bufala nell’Italia che devasta il suo territorio, si tratta di casi molto rari e circoscritti, mentre la norma è che gli abusivi incalliti sono persone e famiglie che hanno un buon tenore di vita.
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CONDONO EDILIZIO E ABUSIVISMO
Dalla prima legge-condono edilizio, anno di grazia 1985 e firma dell’allora ministro socialdemocratico Nicolazzi, le domande presentate sono più di 15 milioni: ciò significa che un italiano su quattro si è messo a fare abusi edilizi a diverso titolo e di diverse dimensioni. Poi ci sono le pratiche inevase, e qui siamo a 5 milioni e 300mila fascicoli sospesi, con un mancato introito per lo Stato di 21,7 miliardi di euro.
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CONDONO EDILIZIO IN ITALIA
Infine, come dicevamo ci sono le regioni che scrivono le loro leggi, interpretando la via d’uscita del condono edilizio con estrema fantasia. L’Abruzzo ha decretato una sanatoria di cantine e seminterrati con una legge regionale che prevede il «contenimento del consumo del suolo attraverso il recupero dei vani e dei locali del patrimonio edilizio esistente». Nel Lazio e in Lombardia, ancora grazie a una sanatoria ad hoc, è permesso ai proprietari di trasformare mansarde e sottotetti in abitazioni, pagando solo gli oneri della concessione edilizia. Una manciata di euro per sanare un grave abuso edilizio. E in Campania si è deciso di supportare gli enti locali non per portare avanti le demolizioni delle costruzioni abusive, ma per bloccarle. In quanto c’è da valutare «il prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizione».
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