La plastica, nonostante le tante promesse di ridurne l’uso, è il primo fattore di inquinamento marino. La troviamo dappertutto, a mare, come sulla sabbia e sugli scogli.
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PLASTICA IN MARE
In mare, sulle spiagge, lungo le coste. Siamo circondati dalla plastica. In particolare, come emerge dall’indagine Beach Litter 2022 di Legambiente condotta in 62 punti del litorale, risultano 834 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, di cui l’84% è composto da plastica e il 46% è rappresentato dagli oggetti monouso. Al primo posto della classifica dei rifiuti troviamo la plastica, seguono vetro e ceramica, metallo, carta e cartone. E ancora: sacchetti di plastica, shopper e buste.
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QUANTA PERCENTUALE DI PLASTICA VA AL MARE?
Si tratta purtroppo di una quantità non indifferente. Si stima infatti che la percentuale di plastica che ogni giorno va a finire in mare sia pari a quella che può essere contenuta in un camion. Tale quantitativo pari, secondo Greenpeace, a 8 milioni di tonnellate di plastiche e microplastiche all’anno, non comporta solo le conseguenze visibili sul momento, ma anche e soprattutto grossi problemi nel lungo periodo. Il materiale si sfalda trasformandosi in particelle piccolissime che vengono ingerite da pesci e animali in genere e dall’uomo. In particolare, sono più di 100 le specie marine a rischio. Le principali cause di morte risiedono nel soffocamento e nell’ingestione della stessa. Senza dimenticare le ferite che ne derivano o lo stesso intrappolamento.
CHI BUTTA LA PLASTICA AL MARE?
Non esiste una risposta univoca a tale quesito. Si tratta piuttosto di una combinazione di fattori, ad iniziare dai rifiuti, dal turismo e dal traffico marittimo. Se prendiamo in riferimento la costa, qui la spiaggia è “di casa”. Pensate alle stoviglie usa e getta, alle bottiglie di acqua e bevande che sorseggiamo sulla battigia, ma anche semplicemente agli imballaggi e perfino alle reti da pesca. Secondo quando riportato dall’Istituto Oikos, organizzazione non-profit impegnata in Europa e nei paesi del Sud del mondo nella tutela della biodiversità e per la diffusione di modelli di vita più sostenibili:
- il 78% della plastica in mare è legata a una gestione inefficiente dei rifiuti
- il 18% deriva da pesca, acquacoltura e navigazione (per quanto riguarda la dispersione in mare di reti, cassette per il pesce e nasse)
- il 4% arriva dai fiumi
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INQUINAMENTO DELLA PLASTICA IN MARE
Possiamo quindi parlare di mare-pattumiera: c’è da dire che in questo caso non sono tanto in discussione le attività industriali e la stessa pesca, che pure contribuisce al disastro con la cattiva abitudine di gettare in acqua le cassette di polistirolo, ma quanto i nostri stili di vita. Le nostre abitudini quotidiane. Il 54 per cento dei rifiuti, infatti, sono di origine domestica e gli avanzi di plastica arrivano a mare, o sulle spiagge, perché non facciamo in modo corretto una banale raccolta differenziata. Gli inquinatori siamo noi, agenti consapevoli di una sporcizia che paghiamo tre volte: deturpando bellezze naturali dove magari trascorriamo le vacanze, gonfiando i costi necessari per le bonifiche e perfino mangiando a tavola pesci talvolta avvelenati.
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TEMPI DI DECOMPOSIZIONE DELLA PLASTICA IN MARE
Il vero problema della plastica, ciò che rende questo materiale, se non smaltito in modo corretto, un vero nemico dell’uomo, è il suo tempo di decomposizione. Biblico. Pensate che una scatola di cartone scompare in un mese, e un rotolo di carta igienica in sessanta giorni. Ma per un pannolino usa e getta servono 200 anni, e per la totale eliminazione di posate di plastica o accendini deve trascorrere un secolo.
Sono numeri che da soli dovrebbero indurci a essere più responsabili, riducendo comunque i consumi domestici della plastica ed eliminandola negli appositi contenitori attraverso la raccolta differenziata. Proprio il tempo di decomposizione rende la plastica costosissima da cancellare, più di una bonifica legata a una perdita in mare di petrolio. Quanto ai pesci, una ricerca dell’Università di Siena, finanziata dall’Onu e intitolata Plastic Blusters, ci racconta che cosa mangiamo quando a tavola arrivano i pesci imbottiti di microplastiche, le più difficili da eliminare. Esaminando i resti di tonni e pesci spada, gli studiosi toscani hanno rintracciato enormi quantità di piccole palline di residui di tubetti di crema, di dentifrici e di spazzolini. I poveri pesci scambiano questi luccicanti pezzetti di plastica per plancton, il loro cibo naturale, e così si avvelenano.
QUANTO DURA UNA BOTTIGLIA DI PLASTICA IN MARE?
Il tempo di degradamento dei rifiuti in mare varia naturalmente a seconda del materiale dal quale sono composti. Nel caso di una bottiglia di plastica, o anche di uno shopper, non bastano una quindicina di anni, forse 20. A meno che non siano stati prodotti con plastica biodegradabile. In tal caso i tempi si accorciano, e a velocizzare lo smaltimento arriva l’aiuto dei batteri e degli altri microrganismi che “digeriscono” tale materiale.
CONSIGLI UTILI PER ELIMINARE E SMALTIRE CORRETTAMENTE LA PLASTICA:
- Plastica: come fare la raccolta differenziata
- Bottiglie di plastica in cambio di buoni spesa
- Tappi di plastica: come si riciclano e dove si portano
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