Sartoria sociale Al Revés: a Palermo tessuti e persone trovano un’altra opportunità

La storia Cooperativa Al Revés, che significa"sottosopra": con la sua sartoria sociale ripara abiti, ricicla tessuto e salva vite. Dai migranti alle donne che non riescono a trovare un impiego, insegnando loro a fare business sostenibile

cooperativa sociale al revés

Al revés, in spagnolo significa al contrario, sottosopra. Ma anche, in un’accezione più positiva “in senso contrario”. Una svolta a u, insomma, come quella delle vite che passano per la sartoria sociale Al Revés, laboratorio palermitano di inclusione sociale e lavorativa di persone in condizione di svantaggio e difficoltà.

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COOPERATIVA AL REVÉS

Un percorso esistenziale prima di una vera e propria start-up per chi è in cerca di un riscatto, con una missione: uscire dalla mera logica assistenziale per diventare impresa sociale. Fare business, con un modello nuovo, etico, inclusivo e sostenibile. Nata nel luglio 2012 da un gruppo di operatori sociali assolutamente e pervicacemente convinti dell’importanza di avviare sentieri che portino a sbocchi lavorativi concreti. Tra i progetti trainanti della cooperativa, una sartoria sociale che ricicla tessuti.

Un gruppo di lavoro compatto e multietnico, che mescola e cuce insieme, nell’attenzione al bene comune e all’etica della sostenibilità, professionisti e professioniste della sartoria, assistenti sociali, comunicatori e comunicatrici con una rete di volontari e volontarie con retroterra diversi: ex detenuti, donne vittime di tratta di esseri umani, disabili, migranti e persone con problemi di salute mentale, seguiti e supportati attraverso un apposito servizio di “Social Trainer”.

Un gruppo di uomini e donne che operano all’interno della Sartoria Sociale di via Alfredo Casella come core staff, è sempre integrato dalle detenute del Pagliarelli Lab, un laboratorio di cucito avviato presso la sezione femminile della Casa Circondariale Pagliarelli di Palermo.

sartoria sociale al revés

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SARTORIA SOCIALE AL REVÉS PALERMO

La cooperativa è totalmente autofinanziata e ha già accolto, formato e seguito  detenuti e detenute, migranti, utenti di servizi della salute mentale, donne in difficoltà, adulti e minori con provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, persone con problematiche di tossicodipendenza, ragazze madri e vittime di tratta su segnalazione delle case-famiglia della città e dai servizi sociali dell’Amministrazione Comunale. Un modello di recupero di vite, votato al profit che però è una buona pratica: partendo dall’attività artigianale, tiene insieme commercio al dettaglio, green economy e un modello auto- imprenditoriale da insegnare per superare emarginazione e svantaggio in maniera produttiva e dignitosa, nella consapevolezza profonda che chiunque ha una storia da raccontare.

Non solo: nella Sartoria Sociale di Al Revés, tutti e tutte si impegnano a produrre meno e migliorare gli abiti esistenti, ritenendo che gli scarti tessili siano una risorsa. Per questo, in shop, si vendono capi di abbigliamento usato rivitalizzato, tappezzeria artistica, complementi d’arredo, bomboniere e gadget fatti con tessili salvati da uno degli sprechi più sconosciuti ma dai numeri drammatici. «Abbiamo alcuni stilisti con piccole imprese che ci chiedono di realizzare i capi per una nuova collezione e anche aziende che si rivolgono a noi per il packaging; abbiamo fatto, ad esempio, i grembiuli per un’azienda che produce vini», racconta Rosalba Romano, socia fondatrice, in un’intervista al magazine Il Salvagente. Nell’agosto 2016 Al Revés, legata a doppio filo ai temi della legalità, della lotta alle mafie e del recupero etico, ha vinto il bando per i beni confiscati del Comune di Palermo ed è stata assegnataria di un magazzino confiscato alla mafia che ha risistemato rendendolo la nuova sede. Apparteneva al boss di Cosa Nostra Antonino Buscemi e nel 2017 ha trovato una nuova vita. Al contrario.

(Immagine in evidenza e a corredo del testo tratta dalla pagina Facebook della Cooperativa Al Revés)

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