Vi segnaliamo questa interessante proposta, per garantire la qualità degli interventi di prevenzione sismica o di ricostruzione post terremoto, ai quali troppo spesso sono legati evidenti sprechi economici. La news che vi consigliamo è tratta da l’Astrolabio, newsletter dell’associazione “Amici della Terra”. L’obiettivo è quello di evitare il rischio di dover pagare due volte, a monte e a valle, ricorrendo invece a forme di garanzia economica come le polizze assicurative.
Prevenzione – scrive Leonello Serva – significa operare per mettere in sicurezza, preventivamente, dei beni che si vuole salvaguardare a fronte di un certo fenomeno, naturale e non, che potrebbe danneggiarli o distruggerli. Questo operare può essere svolto sia “a monte” che “a valle” della realizzazione di un’opera. Nel caso del rischio sismico la prevenzione “a monte” funziona abbastanza bene in quanto ormai la normativa sismica è praticamente applicata in quasi tutta Italia nella realizzazione delle opere nuove. Per quella “a valle”, e cioè la messa in sicurezza delle opere già esistenti sul tessuto territoriale, invece, c’è ancora molto, se non quasi tutto, da fare. Tale messa in sicurezza si attua con opere ingegneristiche (adeguamento sismico, tra gli addetti ai lavori) che fanno sì che ciò che è stato costruito possa resistere, senza subire danni strutturali, a seguito dell’evento da cui ci si vuole difendere.
La prima domanda che ci si pone, però, quando si investe del denaro per mettere in sicurezza un’opera è: “Quello che sto facendo porrà veramente il bene in sicurezza a fronte di quel tipo di evento?”. In altre parole: “Faccio bene a spendere i soldi in questo modo?”. O, più in generale: ”Faccio bene a spendere i soldi per la prevenzione?”. Tutto ciò, chiaramente, tenendo conto di tutte le problematiche connesse al profitto di chi realizza l’opera e ai controlli, istituzionali e non, sui lavori a partire dalla progettazione fino alla qualità della manodopera e ai materiali impiegati.
Non v’è dubbio, infatti, che se un’opera, per la quale è stato speso del denaro (e in special modo del denaro pubblico) per l’adeguamento sismico, subisse entro un arco di tempo di 20-30 anni un danneggiamento strutturale a seguito di un nuovo terremoto dell’entità di quello preso a riferimento, l’utilità stessa della prevenzione verrebbe messa in dubbio. Occorre perciò essere sicuri che se decidiamo di spendere per la prevenzione, non avremo più il rischio, nel caso di futuri eventi sismici, di dover sostenere i costi di danni strutturali per le opere “adeguate”.
Riterrei – prosegue Serva – che una soluzione parziale a questo grande interrogativo potrebbe essere la seguente. È necessario, a mio parere, che il bene sul quale si stanno facendo opere di prevenzione venga assicurato e credo che tale costo debba essere a carico di chi si è aggiudicato i lavori. In altre parole, il professionista (che ha redatto il progetto) e la ditta (che esegue le opere) debbono fornire un’adeguata garanzia economica (anche sotto forma di polizza assicurativa o fidejussoria) sufficiente a coprire, nell’arco di un tempo determinato, il costo di eventuali danni che l’opera dovesse subire se la risposta ad un evento sismico non fosse quella attesa. Un po’ come il medico che fa chirurgia plastica. Certo, in questo modo, verrebbero esautorati dal lavoro i professionisti e le ditte non in grado di sostenere tali costi. Gli stessi, però, potrebbero consorziarsi.
Quello che non è in alcun modo accettabile è che lo Stato (se sarà esso ancora a pagare) o il privato paghi due volte: in fase preventiva e poi per riparare i danni se chi ha fatto i lavori è fallito. Occorre sottolineare, infine, che la proposta sarebbe valida anche in fase di ricostruzione post evento, che comporta la messa sul mercato di ingentissime risorse pubbliche, risorse che non possiamo più permetterci di sperperare.
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