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FARMACI ANTITUMORALI
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COSTO FARMACI ANTITUMORALI
Fin qui le buone notizie sui farmaci antitumorali, adesso passiamo a quelle cattive. Notizie che puzzano di sprechi, di speculazione e di danni per i malati più deboli. Lo spreco numero uno, prima ancora dei soldi, per i pazienti italiani riguarda i tempi di approvazione di un farmaco antitumorale, come denunciato dalla Favo, la Federazione delle associazioni che svolgono volontariato nell’universo oncologico, presieduta dal professore Francesco De Lorenzo. Mediamente, un paziente italiano deve aspettare 806 giorni per potere acquistare un farmaco autorizzato dall’Ema, e in alcune regioni (ovviamente al Sud) si arriva fino a tre anni. Ritardi da parte sia delle amministrazioni regionali sia della solita Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che ripete, su base nazionale, ciò che già è stato fatto su base europea dall’Ema. Risultato: in Italia prima che di tumore si muore per l’attesa del farmaco che può sconfiggerlo.
Quanto alla speculazione, diciamo che anche qui, come con la ricerca, non ci si ferma un secondo, con il pericolo però di mandare in corto circuito il sistema nazionale di assistenza sanitaria (forse anche per questo le regioni ritardano i tempi sui nuovi farmaci) e i budget delle famiglie (complessivamente gli italiani spendono oltre 4 miliardi l’anno per farmaci antitumorali).
Il paradosso, solo apparante trattandosi appunto di una speculazione, sta nel fatto che più farmaci si scoprono e più salgono i prezzi sul mercato globale di queste medicine, come dimostrano impressionanti statistiche. Nel 2004 il costo complessivo dei farmaci antitumorali era pari a 24 miliardi di dollari (circa 21,7 miliardi di euro); nel 2008 è arrivato a 40 miliardi, nel 2014 a 80 miliardi, sui 650 miliardi complessivi spesi in farmaci.
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COME NASCONO I PREZZI DEGLI ANTITUMORALI
Come nascono questi prezzi folli? Non certo per la ricerca e lo sviluppo, che fino a poco tempo fa erano determinanti per il costo di un medicinale. Adesso invece la ricerca rappresenta appena il 15 per cento del costo complessivo, mentre il marketing può incidere fino al 30 per cento. Più servono i medicinali, e più sale la speculazione e lo spreco.
Nella lucida follia dei prezzi dei farmaci antitumorali non c’è solo la spietata logica del mercato. C’è anche la solita insopportabile discriminazione tra chi può e chi non può. In Italia, infatti, i farmaci antitumorali fanno parte dei medicinali offerti dal Servizio sanitario nazionale con il relativo ticket (mentre in America chi viene colpito dal cancro può anche fallire per curarsi): ma se il farmaco non è disponibile, in attesa delle autorizzazioni locali, chi ha i soldi cosa fa? Va in un altro paese europeo e si compra i nuovi farmaci antitumorali. Gli altri, aspettano e magari muoiono.
Inutile dire che con l’allungamento della vita e con il miglioramento delle terapie, sempre innanzitutto grazie ai nuovi stili di vita, per reggere l’onda d’urto della domanda dei nuovi farmaci antitumorali prescritti dal Servizio sanitario nazionale, c’è una sola strada: recuperare risorse riducendo sprechi, ancora enormi, in altri ambiti. Un esempio? Basterebbe ridurre gli esami diagnostici (in Italia abbiamo il record europeo) e alcuni interventi di chirurgia, del tutto inutili e talvolta frutto solo dell’incompetenza di qualche professionista. Ecco la strada per uscire dal tunnel dell’ingiustizia perfino sul tumore: meno sprechi per tutti, e più soldi per chi ne ha davvero bisogno.
SCIENZIATI AMERICANI CONTRO SPECULAZIONE DEI FARMACI ANTITUMORALI
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