C’è molta strada da fare nel settore delle creme solari per andare in direzione della sostenibilità e della sicurezza. Ogni volta che arriva un test ben documentato sui contenuti di questi prodotti, vengono fuori brutte sorprese. L’ultima novità arriva dalla Germania: un’indagine, condotta dal Chemisches und Veterinäruntersuchungsamt (CVUA) di Karlsruhe in Germania, ha preso a campione 103 prodotti per la protezione solare. Quasi tutti (non sono stati forniti i nomi delle marche) contengono il di-n-esil ftalato (DnHexP), un tipo di ftalato utilizzato come plastificante.
I ftalati rendono la plastica più flessibile e resistente allo stesso tempo, e in questo modo facilitano e favoriscono il consumo delle creme solari, alle quali non si può rinunciare quando è necessario proteggersi dal sole, in estate come in inverno quando siamo in montagna. Ma i ftalati, tra i quali il DnHexP contenuto nelle creme solari, sono sostanze chimiche vietate in Europa dal 2019 , visti i rischi per la salute che questi composti possono comportare. In particolare, gli ftalati sono stati associati a disturbi endocrini, che influenzano il sistema ormonale. Alcuni studi hanno suggerito che l’esposizione agli ftalati, in particolare durante la gravidanza o nei primi anni di vita, può avere effetti negativi sullo sviluppo sessuale, sulla fertilità e sul sistema immunitario. Inoltre, sono stati identificati come sospetti cancerogeni e sono stati trovati nell’ambiente, nei suoli e nelle acque, dove possono persistere a lungo.
Per accertare la presenza del contaminante DnHexP nei solari, il CVUA Karlsruhe ha utilizzato un metodo molto rigoroso, basato su cromatografia liquida ad alte prestazioni e spettrometria di massa tandem (LC-MS/MS). Questo approccio ha permesso di rilevare il DnHexP con un limite di sensibilità di 0,2 mg/kg, garantendo un monitoraggio preciso e accurato. I risultati hanno rivelato che il 37% dei campioni di solari testati contenenti il filtro UV DHHB presentavano livelli di DnHexP tra 1,5 e 44 mg/kg, con una media di 2,9 mg/kg. Sebbene l’Unione Europea consenta la presenza di DnHexP solo in tracce tecnicamente inevitabili, i livelli riscontrati nei solari analizzati sono superiori a quanto considerato “accettabile”. Nel caso delle creme solari per i bambini, il 63% dei campioni di solari con DHHB non ha mostrato tracce rilevabili di DnHexP, un elemento positivo che porta a due considerazioni.
La prima: volendo, i produttori di creme solari possono rinunciare al DnHexP rendendo più sicuri questi prodotti di così ampia diffusione. La seconda: se nel corso della produzione industriale delle creme si verifica la formazione accidentale e non voluta di DnHexP, cosa non improbabile, i produttori sono tenuti ad avere un maggiore controllo sulla qualità delle materie prime utilizzate (non risparmiando su questa voce di costo, e alzando così l’asticella del rischio) senza ridurre l’efficace del filtro nei confronti dei raggi UV.
C’è da aggiungere che già agli inizi dello scorso anno, e sempre grazie a un test fatto in Germania, in questo caso dalla rivista Öko-Test, è stata denunciata la presenza di ftalati vietati, inclusi i pericolosi DnHexP, in diversi filtri solari. E da allora, come si vede da questa nuova indagine, non è cambiato molto.
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