Crisi e cultura: spendiamo meno ed è uno spreco. Se partissimo dalle scuole…

Bisogna favorire un approccio ai consumi culturali già in tenera età. E magari si scoprirà che i consumi culturali possono generare ricchezza. Anche in tempi di Grande Crisi.

tagli alla cultura spendiamo meno ed e uno spreco se partissimo dalle scuole

Brutte notizie dal fronte consumi culturali e svaghi. La Grande Crisi non lascia scampo e gli italiani, popolo adattivo per definizione, stringono la cinghia anche su questo versante. L’Istat, infatti, ci comunica che scende dal 63,8 per cento del 2012 al 61,1 per cento del 2013 la percentuale della popolazione con più di sei anni che ha consumato uno spettacolo o un intrattenimento fuori casa nel corso dell’anno. Teatro, cinema, visite a musei e mostre, siti archeologici e monumenti: tutto si riduce in termini di spesa pro-capite.

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Uno scenario nero, in un Paese dove già la lettura dei libri è ai minimi livelli, con la metà degli italiani che non tocca un romanzo o un saggio neanche se qualcuno ha la sciagurata idea di regalarlo. Uno spreco gigantesco, e perfino mortificante, se allunghiamo lo sguardo sulla unicità della nostra rete di musei e di siti archeologici, sulla qualità di una produzione culturale che ancora resiste in tutti i settori, sui geni della cultura made in Italy come Claudio Abbado e Riccardo Muti. A proposito: nelle statistiche dell’Istat si segnala la buona notizia, forse l’unica, di un aumento delle presenze ai concerti di musica classica. Come si conferma il fatto che sono le donne, benedette donne, a superare gli uomini nelle presenze agli spettacoli teatrali, laddove l’offerta complessiva del nostro teatro di prosa e della lirica è assolutamente un’eccellenza diffusa a tappeto in tutta Italia, dal più piccolo degli stabili ai grandi luoghi del mito italiano in termini di lirica e di concerti, come la Scala di Milano, l’Auditorium di Roma e il San Carlo di Napoli.

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Un’ultima notazione all’establishment che governa questa gigantesca macchina dalle infinite opportunità sprecate: bisogna migliorare non tanto la qualità dell’offerta di prodotti culturali, quanto l’efficienza e gli stimoli per allargare la partecipazione degli italiani alla vita culturale del Paese. Laddove la vita culturale non è un talk show televisivo, ma piuttosto uno spettacolo a teatro, un concerto, una bella mostra di arte antica, moderna e contemporanea. Bisogna lavorare di più nelle scuole, per favorire un approccio ai consumi culturali già in tenera età. E magari si scoprirà, a forza di stimoli, che i consumi culturali possono generare ricchezza (non solo come emancipazione individuale ma anche come fatturati e lavoro)  per tutti. Anche in tempi di Grande Crisi.

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